Andrea Margiotta è un poeta originale nel panorama della poesia italiana contemporanea. Che è ricco, va detto, e basterebbe citare, tra le uscite recenti, quella di un autore affermato come Paolo Fabrizio Iacuzzi , con il suo Peste e guerra (internopoesia editore) o tra i più giovani Guido Monti, con Le stanze (peQuod editore). Margiotta è nato nel 1968 a Lecce. Ma vive poi soprattutto tra Bologna e Roma: è un poeta essenzialmente, direi mondanamente metropolitano. Ha lavorato nel cinema e nello spettacolo: e questo lo ha aiutato ad avere sul mondo uno sguardo non libresco. Ma è lettore coltissimo, sa di letteratura e lo dimostra nelle pagine che ha voluto apporre come postfazione al suo nuovo libro, Il paradiso all'ombra delle spade (Passigli editore, pagg.1 65, 18,50). Dopo un avvio sulla crisi della poesia e sulla fine di una comunità letteraria, per fortuna le pagine prendono respiro, la poesia viene vista come la sola forma di energia capace di farti dire «io sono» e come fonte di ribellione contro il Potere «omologante e svuotante». Vengono riconosciute nelle domande dell'adolescenza quelle fondamentali nella vita, la complessità dell'idea di piacere è colta con Dante per il quale «sommo piacer» è Dio, e Baudelaire viene indicato come il maestro di tutti noi moderni. Parlando di sé, sottolinea la sua «ascendenza perdutamente barocca». È tutto chiaro. Margiotta ha un progetto letterario in testa, come dovrebbero sempre i poeti (e i romanzieri!) e lo persegue scrivendo e vivendo. Quello che colpisce nel suo libro è che c'è una forte, dissimulata più che ostentata, energia di espressione e di vita. Il primo testo in cui ci si imbatte è dedicato al mare: un mare rimosso che però torna nel finale con un possente colpo d'ala utopico: «Da troppo tempo non vedo più il mare/ma arriverà quel giorno/quando, ultimati i lavori,/sulla mia barca /partirò nella leggerezza dell'aria». Ma poi Roma signoreggia nel libro. Una Roma che è «crocevia di sogni/e di affari torbidi e laidi» o altrove ha la faccia «da puttana o matrona».
Una Roma greve come il fiume che l'attraversa, di cui scrive Ungaretti, e dove ciascuno può fissare «il nulla alle sue spalle/ con un terrore da tenore italiano», deliziosa variazione su un celebre «osso» di Montale. C'è una critica all'Occidente «sazio e disperato» fatta da un punto di vista cristiano («Cristo è cosa silenziosa», ma anche «l'urlo gotico del Cristo»). Che spiega anche la vicinanza a Luzi, che in una poesia viene rievocato come «maestro mite e senza inganni» , che è una bella definizione del grande, caro poeta fiorentino, che oggi tanti tendono a dimenticare. Eroe o dannato? Il poeta sa di essere entrambe le figure. La sua dannazione è l'amore sessuale. Devo dire che raramente ho letto poesie di argomento sessuale esplicite e felici e terribili come questa che si intitola, con un termine giapponese proprio del porno Gokkun. Tante figure femminili, una galleria di tipi diversi e di passioni diverse, entrano nelle pagine come epifanie. Luz, Nina, Elly, Sasha, tra tutte Nina (in cui forse è riconoscibile un personaggio dello spettacolo e della mondanità) è quella di cui viene reso con più evidenza il fascino e il corpo: «Oh bellezza, se sei fiore, fiorisci!/ma conficcati e brucia nella carne».Un lirismo puro, abbandonato, detta al poeta una poesia che a me sembra la più perfettamente costruita e la più evocativa del libro, A Saturday of July , «Forse assomiglia alla morte, l'estate». Un quadro di vita urbana è invece la poesia intitolata Una domenica, in cui il poeta in un condominio bolognese descrive tre televisori accesi in tre appartamenti: unico rito rimasto nel giorno del Signore, che ispira al poeta una domanda su dove va la vita.
Per dire la varietà stilistica di questo libro, c'è una suite alla Testori , intitolata Un delitto lombardo, un esercizio di puro espressionismo. E, per dire la malizia autoironica e mondana del golden boy che scrive il libro, ci sono anche dei brevi testi d'amore intitolati Baci Perugina. Pare che ne abbia scritto Emma Marrone, non potrà un poeta far meglio?
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