L'ultima diva. La signora delle scene. L'iconica star che aveva imparato dai contadini lombardi di Agnadello, suoi parenti, ad annodare il foulard in testa, non per proteggersi dalla cotta agricola, come facevano loro, ma per spandere charme intorno a sé, con un marchio di fabbrica tutto suo.
Valentina Cortese, dama d'ogni palcoscenico culturale e mondano, se n'è andata ieri a Milano, all'età di 96 anni. Nata a Stresa e capace d'incarnare un gran numero di personaggi, assai diversi fra loro, fondeva la sua tumultuosa vita privata con quella professionale. Come le dive di gran temperamento, Valentina ebbe molti amori e molti onori: non a caso il regista François Truffaut, che la volle per Effetto notte, premiato con l'Oscar nel 1974, commentò: «È facile vincere l'Oscar quando si ha a che fare con Valentina Cortese». Uno di quei talenti italiani amati anche a Hollywood, dove la star, invitata alle più scintillanti feste di Cinelandia, non si trovò a suo agio, nonostante un ricco contratto con la 20th Century Fox e un marito come Richard Basehart. Nel film di Francesco Patierno intitolato Diva! (Nastro d'Argento 2018) e dedicato alla vera anima di una delle più grandi attrici di cinema e di teatro di sempre, si vede la scena in cui la Cortese, invitata a un party del potente produttore Darryl Zanuck, si apparta in un angolo, per evitare di prender parte un'orgia. Zanuck la insegue, la tormenta, vuole convincerla a mischiare le sue carni a quelle altrui, ma la Cortese, senza por tempo in mezzo, prende un bicchiere di whisky e glielo butta in faccia. Altro che #MeToo, o rivendicazioni femministe. Anzi: se Audrey Hepburn viene considerata un mito, lo si deve a Valentina, che scoprì la giovane attrice e volle introdurla negli ambienti giusti.
«Avrei potuto rimanere a Hollywood, ma di compromessi non ne ho mai fatti. Mai passata nel letto di un produttore: le mie radici contadine mi fanno stare con i piedi per terra», spiegava. A 25 anni soltanto, a Hollywood era l'attrice italiana più nota, insieme ad Alida Valli e prima di Sophia Loren. Ha lavorato con James Stewart e Spencer Tracy, ha frequentato Gregory Peck, Fred Astaire, conosciuto Marlene Dietrich e Greta Garbo. Quando Charlie Chaplin la scelse per Luci della città, l'attrice scoprì d'essere incinta e rinunciò: nel 1951 aveva sposato il collega americano Richard Basehart, padre del suo unico figlio Jackie, morto a 64 anni nel 2015.
Nonostante l'eleganza affettata e un'aura di grazia sublime che la imbalsamavano in una cornice di trine, la Cortese rivendicava con fierezza l'origine contadina. A partire da mamma Rina, la bracciante che si prese cura di lei, dopo averla salvata da sicuro annegamento. Perché la madre vera non fu mai presente nella vita di lei, profondamente segnata da tale assenza.
Uno dei suoi maggiori successi in ambito teatrale fu I giganti della montagna di Pirandello: nei panni di Ilse ebbe trenta minuti di applausi a Berlino. E marcante, nell'esistenza frenetica di questa regina delle scene, fu soprattutto la folle love-story con un altro titano del teatro, Giorgio Strehler, capace di farla tremare con un semplice abbraccio: una relazione tessuta nel periodo della maturità di un'attrice tra le prime dive del cinema italiano anni Quaranta. Con il principe del Piccolo Teatro, la Cortese interpretò Santa Giovanna dei Macelli di Brecht, mentre il primo ruolo cinematografico importante, quello di Lisabetta nel film La cena delle beffe (1942) di Alessandro Blasetti, la rivelò al pubblico. «Non ho mai veramente amato il mondo del cinema. L'amore si riconosce dall'amore. Sono cresciuta in campagna e ho ancora quelle persone dentro di me. La prima volta che sono entrata in una casa dei sciuri, credetti mi avessero portata in chiesa... Quel giorno ho capito che il mondo si divideva in ricchi e poveri», le piaceva ricordare.
Musa dei grandi registi internazionali, da Federico Fellini a Franco Zeffirelli a Michelangelo Antonioni che la volle in Le amiche (1955, Nastro d'Argento come miglior attrice non protagonista), aveva debuttato con L'orizzonte dipinto (1941). La platea televisiva la ricorda negli sceneggiati Gesù di Nazareth (1976) e Storia di una capinera (1993).
Da rammentare anche La vendetta della signora di Bernhard Wicki, dove recitava con Ingrid Bergman, che fu generosa quando vinse il suo terzo Oscar, protestando, però, perché, secondo lei, la statuetta doveva andare alla Cortese di Effetto Notte.
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