Il processo del secolo sembra un film "splatter"

Tra Johnny Depp e Amber Heard lite da 150 milioni. Nel "copione" anche dita tagliate e feci sparse sul letto

Il processo del secolo sembra un film "splatter"

Cento ore di testimonianze, 50 milioni di dollari di risarcimento chiesti da lui e 100 milioni in contro-denuncia da lei, sette giurati e una giudice, Penney Azcarate con gli sguardi di milioni di follower social puntati addosso (e una valanga di materiali da valutare): il dibattimento Johnny Depp contro Amber Heard una coppia che ha alle spalle 15 mesi di matrimonio e 6 anni di battaglie legali - è il processo dell'anno, una platea globale polarizzata. E informata: che oggi forse c'è la sentenza lo sanno tutti, così come che chi vincerà (l'ago pare pendere a favore di lui), comunque vada, potrà dirsi ufficialmente vittima in faccia al mondo, con tutti i benefit post #MeToo che questo comporta. Forse che proprio i processi del #MeToo (quello ad Harvey Weinstein in testa) hanno fatto crescere, nel bene e nel male, il livello di un dibattito che anni fa si sarebbe svolto in sale d'attesa dentistiche e di hair stylist. Di fatto oggi lo seguono intellettuali, femministe di quarta generazione, boomer, teenager. Al centro, il gioco più antico del mondo: la calunnia. Ma rivediamo i momenti salienti del dibattimento: mosse del «team Johnny» e contromosse del «team Amber».

C'era una volta il 58enne Pirata dei Caraibi che nel 2019 chiede 50 milioni di dollari di risarcimento alla ex moglie Amber Heard, 36enne, per via di un articolo da lei firmato per il Washington Post nel 2018. La Heard, ambasciatrice per i diritti delle donne per l'American Civil Liberties Union, sotto Natale lanciava un appello e un grazie al #MeToo: «Un uomo potente è una nave, come il Titanic. Ma una profonda trasformazione politica è in atto». Seguiva elenco di eventi americani trasformativi anti-abuso. Cui seguiva elenco di personali ripetuti abusi subiti tra le mura domestiche, minacce di morte incluse. Depp non è nominato, ma il mostro doveva essere lui: il Titanic andava affondato di nuovo.

In principio fu Winona Dal 12 aprile i due fanno di Fairfax, Virginia, il set della fiction perfetta, in cui ogni battuta sembra scritta da Woody Allen e Tarantino blindati nell'ufficio di Billy Wilder. «Mai picchiato una donna in vita mia», parte Depp. Soprattutto non una che deride la sua «riduzione» del tatuaggio «Winona forever» (il precedente amore di Depp, Winona Ryder) a «Wino forever» dopo che ha rotto con lei. Eppure pare sia proprio quella volta del tatuaggio che tutto ebbe inizio: quello, almeno, è il primo dei 14 episodi di violenza che la Heard allegò già al processo inglese (in cui Depp perse contro il Sun).

Notre Dame e il vulcano di sangue Effetti di quell'articolo del Post sulla reputazione di Depp «Un giorno sei Cenerentola e in meno di un secondo diventi Quasimodo». Mai strano quanto il dito di Quasimodo, mozzato da una bottiglia di vodka lanciata dalla moglie che lo becca mentre si fa un goccetto dopo mesi di astinenza: «Non ho sentito dolore, al principio. Dopo, molto caldo». E tanto sangue: «Sembrava il Vesuvio». Il pezzo di dito recuperato non ferma il flusso di esistenzialismo splatter: «Niente aveva senso. Sapevo che non è vita, quella, che nessuno dovrebbe passarci in mezzo. E ho cominciato a scrivere col sangue tutte le sue bugie». Autoinflitta mentre lei dormiva, la ferita al dito, dice la Heard, che sostiene che la fantasia della bottiglia l'abbia realizzata Depp, quella sera, aggredendola con un liquore di marca dopo averla sbattuta su un tavolo.

Materia (fecale) di studio Depp sembra turbolento: la moglie lo filma mentre abusa anche dei mobili sotto l'effetto di alcol e i legali di lei mostrano messaggi su Amber inviati agli amici Isaac Barich e Paul Bettany: «Speriamo che il suo cadavere si stia decomponendo nel fottuto bagagliaio di una Honda Civic» o anche «Affoghiamola prima di bruciarla!». «È umorismo surreale», dice Depp in aula. Mai surreale quanto le vendette di lei: Depp arriva in ritardo alla festa di compleanno di Amber e le guardie del corpo di lui la mattina dopo trovano escrementi sul suo lato del letto. La Heard tenta di incolpare i cani di casa, poi ammette di essersi liberata sul talamo.

Le versioni degli altri Tra i testimoni ci sono parenti (la sorella della Heard, Whitney Henriquez, sostiene che Depp l'abbia afferrata per i capelli e colpita: «Forse voleva buttarla giù dalle scale come fece con Kate Moss», pensava Amber), ex (Ellen Barkin uscì con Depp per un breve periodo nel 94 e le bastò per capire che è un ubriacone geloso. Una volta pare anche abbia lanciato una bottiglia. Senza centrare nessuno), dipendenti (come l'ex infermiera di Depp, Debbie Lloyd, che ha a lungo deposto su quanto abbia cercato per tutta casa la punta del dito mozzato di cui sopra) e modelle: a favore di Depp, nella fase finale, Kate Moss ha smentito di essere mai stata lanciata dalle scale, quella volta in Giamaica, alla fine degli anni '90. È scivolata di suo, Johnny l'ha aiutata. E pensare che se è tornata a difenderlo è stato solo perché nominandola, Amber ha dato modo a Johnny di chiamarla a deporre. E infine, ognuno ha sguainato diagnosi sulla salute mentale dell'altro. A favore di Depp, la psicologa Shannon Curry ha sostenuto, dopo averla analizzata per 12 ore, che la Heard soffre di «disturbo della personalità borderline di tipo istrionico», altro che «sindrome post traumatica da stress» causata da Depp. Lo psichiatra David Spiegel, invece, convocato dal «team Heard», sostiene che i comportamenti di Depp sono compatibili con quelli «di chi fa abuso di sostanze e usa violenza al proprio partner»: pare non lo abbia mai visto di persona.

Le arringhe finali I legali di lei, nella persona dell'avvocato Ben Rottenborn, sostengono, in piena linea #MeToo, che se Johnny ha usato violenza contro la ex moglie anche solo una volta, Amber ha vinto. I legali di lui, per voce di Camille Vazquez, si sono tenuti sul classico: Heard «bugiarda», «Ridategli la sua vita».

Ma soprattutto «Guardate quanti testimoni a favore». E qui la Heard ha rilanciato, chiudendo il cerchio sull'articolo galeotto: «Ecco perché ho scritto quell'editoriale. È un uomo molto potente e la gente ama ingraziarsi gli uomini potenti».

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