"Sfida al Presidente", political drama in due parti al debutto stasera su Sky, tenta di rispondere, a poche settimane dalle nuove elezioni presidenziali, alla domanda che ancora in molti si fanno su come gli Stati Uniti siano arrivati ad avere l'odierno panorama politico.
Scritta e diretta da Billy Ray, la miniserie trae spunto dal memoir best-seller di James Comey, ex direttore dell’FBI, dal titolo "A Higher Loyalty: Truth, Lies, and Leadership". Nella prima puntata si ripercorrono i fatti che portarono alla vittoria di Trump (Brendan Gleeson), nella seconda il rapporto tumultuoso fra il neo Presidente e lo stesso Comey (Jeff Bridges).
Un paio d'ore vengono spese ricostruendo la gestione di due delle inchieste giudiziarie più rilevanti, incisive e politicamente incendiarie dell'ultimo decennio statunitense. Quelle, per intenderci, il cui impatto sull'opinione pubblica fece la differenza quattro anni fa. La prima indagine, ribattezzata Emailgate, riguardò le E-mail di Hillary Clinton contenute nel suo server personale ai tempi in cui era segretario di Stato sotto il presidente Obama, faccenda prima archiviata e poi riaperta pubblicamente proprio da Coney a poche settimane dal voto. La seconda, il Russiagate, si occupò dei legami di Trump con la Russia, superpotenza i cui hackers, si sostiene, lavorarono a favore del suddetto per influenzare l'esito delle elezioni.
"Sfida al Presidente" prosegue concentrandosi sui primi mesi al potere del tycoon, che sfociarono nel licenziamento di Comey, ritenuto troppo critico nei confronti dell'amministrazione Trump.
Il turbolento dietro le quinte, un vero viaggio nei corridoi del potere, è sviscerato con una precisione maniacale. I meccanismi del settore sono esplorati con minuziosa competenza fin nei tecnicismi, ma anche con un freddo piglio procedurale, il che, se da un lato valorizza l'ipotetica veridicità del racconto, dall'altro mina il coinvolgimento emotivo.
Mai davvero audace, semmai di parte in maniera sibillina, "Sfida al Presidente" racconta l'ascesa, i passi falsi e la caduta di un uomo, Comey, alle prese con situazioni in cui sembra impossibile districarsi, eppure sordo di fronte alla preghiera dei familiari che gli chiedono di fare un passo indietro.
Comey e Trump vengono dipinti come individui antitetici per stile, valori e temperamento. Il primo è rappresentato come una figura enigmatica, caratterizzata da patriottismo, rettitudine e decoro ma anche incerta su chi servire per primo tra il popolo americano, l'FBI e il Presidente. Il secondo, come uno spavaldo dall'atteggiamento "mafioso", "uno che vede tutto in termini di lealtà personale".
La conclusione, destinata a relegare quanto visto sotto l'etichetta "fake-news" dai sostenitori di Trump, recita smaccatamente: "Le agenzie dell'intelligence statunitense hanno ormai appurato che la Russia stia attivamente interferendo con le elezioni presidenziali americane del 2020 come ha fatto nel 2016, ma il Presidente non ne ha ancora preso atto".
L'impressione è che prodotti di questo genere, confezionati ad arte per educare a una verità comunque parziale, difficilmente possano spostare l'opinione dello spettatore: chi, prima della visione, tifa per Trump, continuerà a farlo, chi lo vede come il castigo dei nostri tempi avrà conferma di ciò.Stasera e domani, alle 21,15 su Sky Atlantic e su Now TV. Poi disponibile in streaming.
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