Freud non è diventato esattamente un vecchio parruccone. Ma poco ci manca. «Da un punto di vista storico bisogna riconoscerlo: ormai Freud è antiquato decreta Rolando Ravello - anche nella psicanalisi molte cose sono cambiate». Perfino la voglia di riderci su. Quel che tenta di fare Tutta colpa di Freud: serie in otto episodi con la regia di Ravello, tratta dall'omonimo film diretto nel 2014 da Paolo Genovese, su Amazon Prime Video dal 26 (e in autunno su Canale Cinque). «Perché tornare, dopo sette anni, a quel progetto? si chiede Genovese - Allora non riuscimmo a dire tutto quel che volevamo. La sceneggiatura era lunghissima, molto materiale rimase fuori. E quando un film riesce a diventare serie vuol dire che attira ancora il pubblico. Così, dopo che Mediaset ci ha chiesto un prodotto family, abbiamo esclamato: eccolo!».
Nel sequel televisivo ideato da Genovese stesso (che però ha rinunciato a dirigerlo: «Ero curioso di vedere come avrebbe condotto il gioco una mano diversa»), l'abile psicanalista Francesco (Claudio Bisio) si dimostra padre disastroso di tre figlie problematiche, che deve seguire in assenza di una madre (Claudia Pandolfi) troppo occupata con le proprie battaglie ambientaliste. «Una moderna commedia familiare riassume Genovese- in cui un affermato esperto di problemi interiori non riesce a gestire quelli delle persone a lui più vicine. Un po' come il calzolaio che va in giro con le scarpe rotte». Rispetto al film, però, solo l'idea originale rimane identica: «la vicenda è trasferita da Roma a Milano, e le storie prendono una dinamica del tutto diversa, anche inattesa. In fondo Tutta colpa di Freud non è una serie sulla psicanalisi, né sulla terapia di coppia. Ma sulle differenze in amore. E sulla difficoltà di accettarle. Il tono è quello della commedia all'italiana: raccontare con leggerezza, ma senza superficialità, pregi e difetti dell'animo umano». «Ma è anche altro considera la Pandolfi- In qualche modo, attraverso le storie delle tre figlie, diventa un ritratto dell'emancipazione femminile. Vista però attraverso lo sguardo di un uomo: il padre».
Molto importante per il risultato finale è stato l'affiatamento fra gli interpreti Claudio Bisio (assente alla conferenza stampa di presentazione perché colpito dal Covid: «Ma non ho la febbre -ha fatto sapere- solo una tosse fastidiosa») e Max Tortora, che nel racconto interpreta un viveur ossessionato dalle donne. «Un feeling che ha consentito ai rispettivi personaggi racconta Genovese- di giocare in modo sornione e ironico sul tema dell'eterna contrapposzione fra Roma-Milano. Sull'indolenza dell'una e l'iperattivismo dell'altra». «E questo non solo per quel che riguarda i personaggi ammicca Tortora- Ma anche all'interno del rapporto d'amiciza personale fra Claudio e me».
Affiatamento che, abbinato ad una solida sceneggiatura (firmata dallo stesso Genovese), ha consentito anche di muoversi sullo stimolante quanto insidioso terreno dell'improvvisazione. «Puoi improvvisare, divertirti a farlo e ottenerne risultati sorprendenti conferma Tortora- ma solo quando ti muovi in un recinto ben delimitato». «E grazie a questa sceneggiatura io mi sono sentita completamente libera di giocare fa eco la Pandolfi- Inventare sul momento cose diverse, ma comunque centrate perché sempre in linea con la traccia stabilita».
Resta una curiosità: quanti degli interpreti
di Tutta colpa di Freud hanno avuto a che fare con la psicanalisi? E' un'alzata di mani generale. «Rimane uno strumento fondamentale per risolvere i nodi della vita sentenzia la Pandolfi- La consiglio vivamente a tutti» P.
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