Quando il suo "Gesù" fu escluso dalla "Vatican's list"

Nel 1995 gli «Oscar della Chiesa» lo ignorarono. E la sua ira fu terribile... Ecco il racconto di chi c'era

Quando il suo "Gesù" fu escluso dalla "Vatican's list"

Nel 1995 il cinema festeggia il centenario. Il Vaticano per l'occasione stila una lista dei 45 film più importanti realizzati da quando i fratelli Lumière hanno presentato a Parigi la loro invenzione. La lista si divide in tre categorie: religione, valori, arte. A scegliere i film è stata l'autorevole Pontificia commissione delle comunicazioni sociali, presieduta da un possente vescovo americano: John Patrick Foley. Ha fornito il contributo anche la Filmoteca vaticana, retta da un monsignore spagnolo piccolo quanto flemmatico: Enrique Planas. La «Vatican's list» suscita grande interesse. Gli americani parlano di Oscar della chiesa. Una trovata geniale.

L'entusiasmo cresce di intensità, sin quando non arriva la voce tonante di Franco Zeffirelli. È uno scandalo. Si sono dimenticati del suo Gesù di Nazareth (1977). Nei quindici film di argomento religioso figurano Francesco (1989) di Liliana Cavani, Il Vangelo secondo Matteo (1964) di Pier Paolo Pasolini e Francesco giullare di Dio (1950) di Roberto Rossellini. Gli organismi vaticani provano a mettere una pezza che è peggio del buco: il film non è stato inserito essendo un prodotto televisivo. Il Maestro trasecola, attacca a testa bassa, come suo solito. Mi chiese un intervento riparatore sulla cattolica Rivista del cinematografo. Non solo non lo feci non lo potevo fare, trattandosi indirettamente di una testata vaticana ma peggiorai la situazione. Intervenni ad una presentazione della lista al Centro culturale francese di Roma. Zeffirelli era nell'indirizzario degli organizzatori. Le porte del cielo si aprirono su di me: un diluvio di contumelie, che non risparmiarono neppure la mia fede calcistica: «balordo laziale!». Zeffirelli mi intimoriva. Lo stimavo non solo per le opere, ma per il coraggio intellettuale. Aveva letto un mio libro sulla New Age, e volendo realizzare un film sull'argomento ne discutemmo varie volte. Non ne sapeva molto, ma era attratto dalla nuova moda che si era impossessata degli occidentali nel mescolare Cristo e Zoroastro, gli angeli e gli sciamani. Ero convinto e lo sono ancora più oggi di ieri che inserire Il pranzo di Babette (1987) di Gabriel Axel e Nazarin (1958) di Luis Buñuel, dimenticando Gesù di Nazareth, fosse una provocazione e una mancanza di rispetto. Un errore gravissimo. Zeffirelli era convinto che lo avessero fatto apposta, per punirlo della sua superbia. Si sentiva un «artista-principe della Chiesa», discendente diretto di Leonardo, Michelangelo e Raffaello, più attrezzato e ascoltato di cardinali, vescovi e preti. Su questo non ci piove. Ma era un combattente generoso, impavido nel dichiararsi credente in un mondo il cinema che rifugge la religione cattolica come la peste.

Gli dissi che non mi convinceva la tesi del complotto. Più danni dei cattivi li fanno gli sprovveduti. Però aveva ragione: le gerarchie vaticane preposte alla valutazione dell'arte cinematografica gli avevano preferito Pasolini.

Lo avevano fatto scientemente. Zeffirelli era troppo popolare. La storia gli ha dato ragione. Se ho tentennato gli chiedo scusa. Avremmo dovuto difenderlo. Lo abbiamo fatto poco e male. Ma ci voleva bene e ci perdonerà. Anzi, ci ha già perdonato.

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