Che popolo straordinario gli inglesi: hanno questa incredibile capacità di prendere un fenomeno controculturale, di farlo proprio e celebrarlo come un qualsiasi evento mainstream.
Mentre in Italia si discute se sia il caso di intitolare una piazza a Dalla, Battisti o De André, i perfidi albionici dedicano un intero anno al punk, il fenomeno più controverso del secondo Novecento, l'ultima e unica avanguardia che non ha tradito il proprio mandato e che dalla musica ha invaso con segni e simboli un mondo intero, realizzando un vero e proprio crossover tra politica e società, moda e cinema, teatro e arti visive. Il 4 gennaio 2016 cominciano dunque a Londra le celebrazioni del quarantesimo anniversario del punk britannico.
A voler essere filologici, con qualche mese in anticipo rispetto a quello che di norma è considerato l'atto di nascita del movimento, ovvero la pubblicazione il 26 novembre 1976 di Anarchy in the UK da parte della più famigerata band di tutti i tempi, i Sex Pistols, inventata da un situazionista mancato come Malcom McLaren e da una negoziante con ispirazioni da stilista, Vivienne Westwood. Cosa c'è di diverso rispetto alla tradizione del rock? Che questi oltre a non saper né suonare né cantare hanno rivoltato qualsiasi possibile forma sintattica e grammaticale aggiungendovi un'esplosiva miscela iconografica fatta di giubbotti neri, spille, acconciature improbabili nel rifiuto di melodie e compromessi.
No Future è il loro inno, nessuna possibilità per nessuno.Il tutto comincerà dunque tra pochi giorni con un maxi festival al The 100 Club, storico locale in Oxford Street, dove, nell'anno di grazia 1976, suonarono i Pistols e i Clash; tutte le principali istituzioni londinesi British Fashion Council, British Film Institute, British Library, Design Museum, Institute of Contemporary Arts, Photographer's Gallery e altre- saranno coinvolte nel tracciare le linee guida di questo fenomeno così parcellizzato che nel frattempo esplodeva anche in America, con i Ramones e Patti Smith.
Il logo della manifestazione Punk London 40 Years of Sub-Versive Culture è disegnato da Neville Brody, già direttore di The Face e autore di diverse copertine per Depeche Mode, Cabaret Voltaire, Level 42, che del punk visivo rappresenta l'ala educata, ben diversa da quella irriverente e neodada di Jamie Reid e più incline alla svolta new wave.Tutto molto ben organizzato dunque, ma per non tradire lo spirito sovversivo e autoprodotto delle origini, chiunque potrà inserire nel calendario delle manifestazioni un proprio evento punk. Che infatti non è soltanto un genere musicale ma assume presto i contorni di un life style aggressivo e provocatorio con una sua estetica originale. Chi aderisce a questo strano movimento si tinge i capelli di colori accesi, si buca la pelle con spille da balia, porta vestiti stracciati impreziositi da merletti e pizzi, esibisce simboli nazifascisti o orpelli da sex shop. Il look diventa così parte fondamentale del punk, forse anche di più della musica stessa.Il sound dei Sex Pistols urla la critica più estrema verso la società inglese, a cominciare dalla regina, pur essendo autenticamente contro la politica.
Si tratta dunque di un fenomeno culturale, su cui il critico Greil Marcus aveva costruito un'interessante tesi nel saggio Tracce di rossetto, collegando il punk a un piccolo gruppo di intellettuali parigini organizzatosi negli anni '50 intorno all'Internazionale Lettrista e all'Internazionale Situazionista. A loro volta questi sovversivi si rifacevano ai Surrealisti degli anni '20, al Dada di Marcel Duchamp e dichiaravano tra i loro padri spirituali, tutti rigorosamente laici, il giovane Marx, Saint-Just, gli eretici del Medio Evo e i cavalieri della tavola rotonda. Tanto l'estetica dada era considerata l'antiarte, il punk è l'antirock per eccellenza. Se i primi scandalizzavano il pubblico, abituato ai colori dell'Impressionismo, con le loro performance assurde e incomprensibili, allo stesso modo i punk bestemmiano e sputano dal palco.
La spilla che chiude la bocca della regina Elisabetta, icona dei Sex Pistols, riporta alla mente la Monna Lisa profanata da Duchamp con un paio di baffi.Di nuovo c'è che il punk entra nel ristretto novero delle avanguardie da museificare e rileggere col tempo.
Ultima avanguardia certo, ma anche passaggio chiave dal moderno al postmoderno, un'estetica ben visibile nei richiami al passato di certi abiti e accessori di Westwood o nei costumi e nelle ambientazioni gotiche e romantiche del cinema, in particolare in Jubilee di Derek Jarman e The Great Rock n Roll Swindle di Julien Temple.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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