Quattro ore di film: chi fugge e chi resta

La pellicola di Lav Diaz racconta storie di emarginazione nelle Filippine

da Venezia

Un film di 226 minuti. Cose che capitano solo nei festival. Qualcuno dirà per fortuna. Mentre la maratona di quasi quattro ore di The Woman Who Left del filippino Lav Diaz regala alla Mostra uno dei titoli indimenticabili di questa edizione. Più che una proiezione, un'esperienza visiva. Che include, naturalmente, anche il divertente via vai di chi abbandona anzitempo la sala. Ma esiste un pubblico per qualsiasi film e chi è rimasto, ha così apprezzato l'opera del regista filippino abituato ad arrivare anche alle 8 ore di film, da tributargli anche un applauso a scena aperta. I maligni potranno dire che, grazie a quel rumore, si sono verificati numerosi risvegli in sala, ma sarebbero prosaiche annotazioni di cronaca che comunque non sminuiscono la forza del film che in un bianco e nero mai così profondo e avvolgente, racconta il viaggio della protagonista Horacia (la bravissima Charo Santos-Concio che non sfigurerebbe con un premio in mano) che, dopo trent'anni di ingiusta detenzione in carcere, ritorna nei luoghi dove vivono i parenti ma anche quelli che le hanno fatto del male.

Un espediente per raccontare ancora una volta la società filippina tra emarginati e derelitti. Tutti salvati dal personaggio caritatevole della protagonista. Perché, come recita il racconto di Tolstoj a cui è lontanamente ispirato, «Dio vede la verità ma non la rivela subito».

PArm

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