Femminicidi e profughi: una terribile accoppiata che dovrebbe suscitare unanime pietà e mobilitazione da parte del vasto popolo dei sedicenti difensori dei diritti umani, pronti ad accogliere qualsiasi poveraccio che sbarchi sulle nostre coste (purché garantisca lauti guadagni alle cooperative che lo prenderanno in gestione) e a condannare senza pietà e senza appello qualsiasi maschio abbia osato maltrattare una femmina (della cui verità nessuno può dubitare). Peccato che la compassione e l'interesse verso donne e profughi svanisca immediatamente se gli uni e gli altri appartengono e una categoria non protetta, quella delle centinaia di migliaia di italiani e di italiane che alla fine della guerra, solo per il fatto di non essere slavi, sono stati massacrati, umiliati, violentati e costretti all'esilio dalle loro terre e dalle loro case, per essere accolti, in Italia, a sassi e sputi perché tacciati di fascismo. L'Unità del 30 novembre 1946 commentava così la tragedia dei nostri compatrioti:«Non riusciremo mai a considerare aventi diritto all'asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città. Non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall'alito di libertà che precedeva o coincideva con l'avanzata degli eserciti liberatori. I gerarchi, i briganti neri, i profittatori che hanno trovato rifugio nelle città e vi sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla delinquenza comune, non meritano davvero la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi. Nel novero di questi indesiderabili, debbono essere collocati coloro che sfuggono al giusto castigo della giustizia popolare jugoslava e che si presentano qui da noi, in veste di vittime».
La firma è di Piero Montagnani, a cui sono intitolate vie e piazze delle nostre città, e il giornale, fondato da Antonio Gramsci, è lo stesso che oggi piange «sulle povere vittime dei naufragi, le centinaia di bambini che continuano a perdere la vita nell'Egeo a causa della brutale indifferenza della UE e Turchia». Per spezzare la cortina del silenzio di oggi e la barriera di odio di ieri la Biblioteca storica del Giornale propone ai suoi lettori il saggio La vera storia delle foibe. Una grande tragedia dimenticata, di Giuseppina Mellace, insegnante e scrittrice che ha raccolto documenti e testimonianze su una tragedia ancora poco conosciuta, nonostante l'istituzione ufficiale di un Giorno del ricordo il 10 febbraio, sancitocon la Legge n.ro 92 del 30-3-2004, dopo 57 anni di voluto silenzio ufficiale, una ricorrenza ancora troppo poco sentita dalle scuole e dalle istituzioni.
Quella delle foibe fu una tragedia fatta di morti e di perseguitati, di vittime inermi che hanno subito brutalità indicibili e di criminali che l'hanno fatta franca, un dramma sanguinoso, a cui bisogna, però, aggiungere un'altra violenza, quella del genocidio culturale che da settant'anni tenta di spezzare le radici culturali di un popolo che fu italiano secoli prima che l'Italia nascesse, e che, oggi, è vittima di una memoria mutilata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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