"Recito brutta e in tuta per sopravvivere ai Naufragi della vita"

Nel film di Stefano Chiantini l'attrice ha il ruolo drammatico di una madre-bambina

"Recito brutta e in tuta per sopravvivere ai Naufragi della vita"

Ci hanno provato tutti a imbruttirla, tanto s'impone la sua presenza fisica sull'innegabile bravura. Persino il marito, il regista Paolo Virzì, l'ha riempita di cicatrici e tatuaggi da coatta, nel film La pazza gioia, per sporcarne la bella presenza. Ma dove non sono riusciti anche altri autori, come Gianni Amelio, che ne La tenerezza le ridusse la chioma a zazzera, Stefano Chiantini centra l'obiettivo. Spostare, cioè, l'attenzione dello spettatore dal sembiante piacevole di lei alla densità della storia interpretata. Quello «Spostati e lasciami vedere il film» che Monicelli diceva spesso all'egotico Nanni Moretti e che adesso Micaela Ramazzotti mette in pratica in Naufragi.

Un film drammatico dal 9 luglio su Apple Tv, iTunes, Google Play, Amazon Tv, Rakuten e Chili, mentre dal 16 sbarcherà su Sky -, dove l'attrice romana per una volta non fa la mamma passionale e un po' burina, ma una madre-bambina, che avrebbe bisogno lei di una persona accudente. Una povera crista affondata tutto il giorno in una tuta, dalle parti di Civitavecchia. Sciatta e silenziosa, quasi brutta. È Maria. Vedova di un marito amatissimo e madre di due figli, uno dei quali morirà. Dolore, tragedia, lacrime. E lei, un mezzo mostro «un po' marcio», dice Micaela a il Giornale.

Non fa la solita mamma tutta frittelle. Come si è preparata al ruolo, quasi disturbante?

«Grazie per la domanda. Il ruolo è nuovo per me e ci ho lavorato a lungo, insieme a Stefano Chiantini. Una grande sfida: non andare mai sopra le righe. Di solito faccio l'urlatrice e la piagnona: il fatto è che mi piace piangere».

Come ha fatto a trasformarsi così radicalmente?

«Amo, del mio mestiere, la trasformazione. Il regista mi ha voluto bionda, con i capelli lunghi e una chioma riccioluta da pazza. Stefano, il regista, voleva che avessi una montagna di capelli che non sembrano conoscere il pettine. Ai denti, ho infilato trucchi prostetici per avere una fessura in mezzo. Dovevo sembrare una che non ha i soldi per curarsi. Abbiamo aggiunto anche macchie sul volto».

Questo, a livello fisico. Ma il personaggio?

«Una che non si cambia mai d'abito e vive in tuta è una donna bizzarra. Ha bisogno lei di un maternage... E siccome vive al mare, appare più sciupata della sua età. Ho lavorato di sottrazione, soprattutto. Cercando di togliere il più possibile, per raggiungere una recitazione priva di enfasi. La storia di Naufragi racconta l'assenza. Anch'io volevo essere assente».

Com'è stato lavorare con Chiantini?

«Molto divertente, al di là delle vicende tragiche narrate. Volevamo un film fatto d'aria e di niente. Se faccio troppo, dimmelo, dicevo a Stefano. Con lui si lavora sull'essenziale. Fatto di sangue, di vita. Inizialmente, ho avuto libertà d'essere spensierata e poi di andare in un'altra direzione».

Come ha vissuto quest'anno e mezzo di pandemia?

«Il 7 marzo 2020 avevamo iniziato questo film, interrotto per via del virus. L'abbiamo ripreso a giugno ed eccoci qui. Ho cercato di non lasciarmi andare».

Alla riapertura delle sale, è andata al cinema?

«Certo: ho visto Un altro giro di Thomas Vinterberg, regista che apprezzo molto».

Crede che il cinema in sala vivrà momenti migliori degli attuali?

«La riapertura delle sale nella bella stagione non ha aiutato. Ora la gente vuole andare all'aria aperta, vuole riprendere fiato. Non chiudersi in una sala buia. Ma pian piano, torneremo ai bei tempi. Intanto, vedo bene le arene estive. Io e Stefano abbiamo un'idea».

Quale idea?

«A ottobre vogliamo organizzare un tour per Naufragi, andando nelle sale a incontrare il pubblico. E a rispondere alle domande sul film, come si faceva ai beati tempi del cineforum. Bisogna portare le persone al cinema con una coccola ed è tempo che ci dedichiamo allo spettatore. Dobbiamo cercare un contatto anche fisico».

Progetti futuri?

«Ho in uscita L'ombra di Caravaggio di Michele Placido. Sarò Lena, la musa di Caravaggio, un po' prostituta, un po' madonna».

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