Alla riscoperta di Roger Nimier, l'"ussaro" perduto della letteratura

Morto giovane e politicamente scorretto le sue opere principali non sono state tradotte in italiano. Eppure sono geniali alchimie che mischiano innovazione e tradizione

Alla riscoperta di Roger Nimier, l'"ussaro" perduto della letteratura

Sobborghi di Parigi, 28 settembre 1962. Una Aston Martin si schianta a 200 chilometri all'ora sull'autostrada dell'Ovest. Muoiono lo scrittore Roger Nimier, proprietario del bolide, e la scrittrice Sunsiaré de Larcône. Lei ha 27 anni. Lui 36. Il mese successivo, dopo un decennio di silenzio, esce postumo il nuovo romanzo di Nimier, D'Artagnan innamorato. Nelle ultime righe si legge: «Non ci sono che le strade per calmare la vita».

Muore l'autore, nasce la leggenda. L'enfant prodige della letteratura francese, l'avversario degli esistenzialisti, il capobanda degli Ussari, gruppo di scrittori destrorsi che prende il nome proprio dal romanzo più famoso di Roger Nimier: Le Hussard bleu (L'ussaro blu). Il mito è alimentato dalle apparenti contraddizioni di Nimier. Reazionario, si allontana dalla modernità fino a trovarsi paradossalmente all'avanguardia. Timido, diventa all'occorrenza estroverso e insolente in pubblico. Raffinato, disprezza gli snob. Parigino di buona famiglia, rivendica le origini bretoni per marcare la differenza con la borghesia della Capitale. Nato nel 1925, dopo aver studiato filosofia, tra il 1948 e il 1953 pubblica cinque romanzi, un micidiale pamphlet dedicato a Georges Bernanos e il saggio Amour et néant (Amore e nulla). Poi si chiude in un silenzio enigmatico. Un silenzio operoso. Da giornalista si distingue soprattutto come caporedattore di Opera e firma de La Table ronde. Da collaboratore dell'editore Gallimard, riabilita i grandi francesi caduti in disgrazia ai tempi dell'epurazione: Louis-Ferdinand Céline prima di ogni altro. C'è poi il cinema. Nimier scrive il soggetto dell'episodio francese de I vinti di Michelangelo Antonioni (1952) e in seguito sceneggia cinque film. Il più famoso è Ascensore per il patibolo di Louis Malle (1957). Pochi giorni prima di morire, accetta un'altra offerta di Malle: adattare il romanzo Fuoco fatuo di Pierre Drieu la Rochelle.

La leggenda, osservata da vicino, mostra la corda. È possibile che, quella maledetta notte, al volante non ci fosse Nimier. È sicuro che molti abbiano confuso la sua biografia con quella del suo personaggio più noto, l'ussaro François Sanders, protagonista de Le spade e del già ricordato Le Hussard bleu. Nimier in effetti si arruola volontario nel famoso reggimento ma non fa in tempo a imbracciare il fucile. È nelle retrovie, tra Nizza e Tarbes, da marzo ad agosto 1945. Non valica il Reno, non combatte in Germania, non fa parte di truppe d'occupazione. Sotto le armi Nimier ha avuto molto tempo per leggere. Chi non ha lesinato pallottole contro i nazisti è il suo alter ego letterario François Sanders: prima resistente per caso, poi miliziano per scelta, infine ussaro per vocazione. A ben vedere, anche il movimento letterario degli Ussari è una (mezza) invenzione. Per la precisione, un'invenzione di Bernard Frank che pubblica l'articolo Grognards & Hussards sulla rivista sartriana Les Temps Modernes nel dicembre 1952. Frank raccoglie sotto questa definizione alcuni scrittori a suo parere simili: Roger Nimier, il più rappresentativo, Antoine Blondin e Jacques Laurent. A questi, più tardi, si aggiungerà Michel Déon. L'etichetta sarebbe ironico-dispregiativa, per Frank è sinonimo di «fascisti», ma i supposti «fascisti» se la appuntano al petto come una medaglia. Nimier, Blondin e Laurent hanno gusti simili e insieme coltivano l'anticonformismo. A parte questo, sono autori molto diversi e non è esistito un vero «cenacolo» degli Ussari.

La leggenda non regge. Nimier però non ne ha mai avuto alcun bisogno se non per divertirsi a giocare con le maschere. Le sue opere parlano per lui e hanno molto da dire. A partire da Le spade e Le Hussard bleu. Il cinico Sanders passa da un campo all'altro per spirito di rivolta. Ripudia la Resistenza, si arruola nella milizia, infine entra nel reggimento simbolo dell'Antico Regime. La fine della Seconda guerra mondiale coincide con la disillusione nei confronti della modernità: «Tutto ciò che è umano, mi è straniero». Se dalla filosofia passiamo alla politica, possiamo aggiungere che, secondo l'ussaro, hanno vinto i codardi, quelli che si sono tenuti nel mezzo per poi schierarsi coi vincitori. I romanzi di Sanders contestano l'epurazione, ridicolizzano la retorica dell'opposizione al fascismo, comprendono le ragioni dei vinti. Sono due bombe a mano nello stagno della cultura dominante. Aspetto più importante, sono splendidi. Un occhio ai classici, Stendhal su tutti, e l'altro alla sperimentazione, specie nella tecnica narrativa. Alle avventure sul campo di battaglia, Nimier sovrappone quelle erotico-sentimentali affrontando temi scabrosi come l'incesto o lo stupro. Lo scandalo è assicurato. Tra gli altri titoli, spicca Giovani tristi. Il risvolto dell'unica edizione italiana, curata da Alfredo Cattabiani per le Edizioni dell'Albero, sostiene che il libro inaugura la nouvelle vague essendo un ritratto perfetto della disincantata gioventù contemporanea. Ancora una volta, Nimier si trova a precorrere i tempi, nonostante Giovani tristi sia il tentativo di trasportare Il rosso e il nero di Stendhal o le Illusioni perdute di Balzac nel XX secolo. Il protagonista, Olivier Malentraide, è cinico per proteggersi da un eccesso di romanticismo. Amante dell'ordine in un'epoca in cui il concetto di autorità è diventato comico, è condannato a essere un ribelle. Idealista per convinzione, nichilista per assenza di speranze, sperimenta la tristezza degli eroi ma non l'angoscia degli esistenzialisti. Finisce male. Olivier, al volante della sua Aston Martin, si lancia fuori strada a duecento all'ora

In mezzo a tanta letteratura, Nimier trova il tempo di scrivere Le Grand d'Espagne, sette lettere indirizzate idealmente a Georges Bernanos. La prima è dedicata per intero all'autore de I grandi cimiteri sotto la luna, incontrato da Nimier nel 1946, quando viveva all'Hotel Cayré in Boulevard Raspail, tra un esilio e l'altro. Bernanos: scrittore eccelso, monarchico, cattolico, nazionalista, fustigatore della IV Repubblica, uscito dalla guerra con un prestigio intatto, vista la sua opposizione al regime di Vichy. Insomma, la figura giusta per consentire a Nimier di introdurre le proprie idee. A proposito, era fascista come insinua Frank? Lui ci scherzava sopra. C'è una sua lettera divertente sulle signore perbene che rabbrividiscono quando sono a tavola accanto «allo scrittore fascista». È puro gusto della provocazione. Il mondo di Le Grand d'Espagne è diverso da quello di Drieu la Rochelle, per citare un autore sicuramente fascista e sicuramente amato da Nimier. Quest'ultimo era cattolico e nazionalista. Aveva un temperamento monarchico (e bonapartista). Apprezzava le regole della vita militare. Non apprezzava il governo di Vichy sottomesso allo straniero tedesco. Avrebbe voluto una Francia unita intorno alle istituzioni e ai valori che avevano trasformato Parigi nella capitale del mondo. La Storia andava altrove. Nimier sostenne Charles De Gaulle, in cui ammirava l'uomo d'ordine, con crescente disappunto fino alla delusione completa quando il generale concesse l'indipendenza all'Algeria. Per lui era inaccettabile. La rinuncia alle colonie ratificava la mediocre realtà e impediva ulteriori illusioni di grandeur. Le sue posizioni si radicalizzarono. Si avvicinò ancora di più ai monarchici. Le Grand d'Espagne offre spunti interessanti quasi a ogni pagina. A esempio, c'è una spietata denuncia dell'intellighenzia. La lettera sui girondini potrebbe essere ristampata parola per parola (prima però qualcuno dovrebbe tradurla in italiano). I girondini sono i rivoluzionari della domenica, i fanfaroni di sinistra, i marxisti da salotto, gli intellettuali impegnati soprattutto ad accrescere il conto in banca fingendo di criticare la società nella quale sono perfettamente integrati, i cattivi maestri che mandano sempre gli altri a morire, i teorici della doppia morale (spietata coi nemici, condiscendente con gli amici). Nimier fa nomi e cognomi. Nel mirino c'è Jean-Paul Sartre in quel momento dominus incontrastato delle lettere francesi.

Il talento di Nimier si è espresso anche in campo editoriale. Le sue letture avevano un raggio estremamente ampio. Le Memorie del Cardinale di Retz erano il suo libro prediletto. Amava Stendhal, Alexandre Dumas, Honoré de Balzac. Nel XX secolo prediligeva Drieu la Rochelle, André Malraux, Marcel Aymé, ovviamente Céline e Bernanos. Tra gli italiani, oltre a Curzio Malaparte, che chiamava maestro e frequentava a colazione insieme con Orson Welles, conosceva Guido Piovene e Alberto Moravia. Il suo mentore era Paul Morand. Il suo consigliere era Jacques Chardonne. Le Journées de lecture, pubblicate postume, offrono riflessioni acuminate su Valery Larbaud, Jacques Laurent, Jean Giono, Charles Péguy, Lucien Rebatet, Henry de Montherlant, Julien Green, Émile Cioran, Lawrence Durrell e moltissimi altri. È un universo, in gran parte coincidente con la destra, che Nimier intende valorizzare, far vivere o rivivere anche come rispettato consulente di Gallimard.

Eccoci arrivati al punto: le scelte editoriali. Roger Nimier è ritenuto indegno di pubblicazione nel nostro Paese. Se volete leggerlo, dovete setacciare il mercato del modernariato dove sono reperibili le poche edizioni italiane quasi tutte risalenti a decine di anni fa. In ogni caso per avvicinarvi ai titoli principali dovete conoscere la lingua francese: Le Hussard bleu e Le Grand d'Espagne sono ancora inediti in Italia. Perché questa distrazione incomprensibile a fronte delle tonnellate di pattume che affollano le librerie? Nimier ha tutto per interessare i lettori. È stato un grande personaggio ma ha anche un'opera fuori dal comune. Viene dunque il sospetto che ci sia di mezzo il solito vizio ideologico. Il critico (o l'editore) nostrano di fronte a persone come Nimier non sa che pesci pigliare perché ignora in quale parrocchietta politica collocarli. Qui abbiamo un reazionario che non si accontenta di rivangare il passato. Un uomo di destra che non è fascista. Un amante della libertà che non è liberale e tanto meno un adoratore del metodo democratico. Come letterato, abbiamo un ammiratore del XVII secolo, però informatissimo sull'attualità e innovatore nei suoi romanzi. Nimier non si può incasellare tra i buoni o tra i cattivi. Meglio passare oltre facendo finta di non vedere.

Peccato: Giovani tristi risuona nell'anima di chiunque si ricordi dei propri vent'anni, i romanzi di Sanders sono un susseguirsi di spericolate avventure non solo intellettuali, Perfide (1950) percorre con originalità la strada del romanzo politico-satirico, D'Artagnan innamorato, dietro lo schermo del pastiche umoristico, è una gloriosa celebrazione a ciglio asciutto dell'amicizia, Le Grand d'Espagne descrive benissimo l'attuale palude europea. Ecco, tutto questo per l'editoria italiana vale nulla. Poi si lamentano che la gente non legge.

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