Il sacro fervore del novizio tra santità e disperazione

Preghiera, solitudine, lavoro manuale: l'autore, ex frate, racconta il primo anno di convento. E si conferma una voce del tutto atipica nel panorama letterario

Il sacro fervore del novizio tra santità e disperazione

Il suo nuovo romanzo, Fervore (Mondadori, pagg. 106, euro 17), ambientato in un convento francescano del centro Italia durante l'anno di noviziato del protagonista (la voce narrante del libro si esprime con un «noi» corale) già si annuncia come uno dei romanzi più interessanti dell'anno. Perché Emanuele Tonon, l'ex frate che ha deciso di smettere l'abito religioso per rientrare nel secolo, non è uno scrittore come tutti gli altri. Quando nel 2009 apparve nelle librerie Il nemico - romanzo eretico (Isbn Edizioni), il suo romanzo d'esordio, rimasi colpito da quello strano romanzo dalla copertina bianca e con le pagine bordate di rosso, una specie di breviario, e dalla nota biografica che recitava: Emanuele Tonon è nato a Napoli nel 1970 e vive a Cormòns, in provincia di Gorizia. È teologo operaio. Furono sufficienti poche pagine, dall'incipit folgorante fino all'immagine del Benelli scassato del padre, per convincermi che ci trovavamo in presenza di uno scrittore vero, fuori dagli schemi. Una voce inconsueta, quella di Tonon, inconfondibile, un misto di trivio e preghiera, tra vita vissuta e invettiva spirituale, capace di restituire sulla pagina scritta un mondo, quello del Nordest, in maniera inedita e sorprendente, lontana dai cliché e dalle ipocrisie della narrativa impegnata. Chi era, dunque, quello scrittore di cui sapevo poco o niente e che nei suoi romanzi parlava, lontanissimo da ogni forma di ideologia, di fabbrica e operai, di teologia e esperienze mistiche, di sesso e di preghiera? Le poche tracce biografiche recuperate in rete e alcuni spunti all'interno del romanzo mi suggerivano alcune strade: una vita dura, fatta di lutti e privazioni, l'esperienza in fabbrica all'interno delle piccole imprese del triangolo della sedia, tra calici di rosso, infortuni sul lavoro e una ricerca costante del senso profondo dell'esistenza culminata nell'esperienza del convento. Sì, perché su una questione, centrale in tutta l'opera dell'autore friulano e nell'ultimo romanzo, tutte le notizie convergevano: lo scrittore eretico era stato frate francescano per sette anni, vissuti tra l'Umbria (nel convento di Spello, evocato nel libro con il nome di Renacavata) e le Marche. Terminato il libro cercai di mettermi sulle tracce di quello scrittore che tanto mi aveva impressionato. E di cui non riuscivo a immaginarmi l'esistenza. Feci quello che ogni lettore sogna di fare: provai a mettermi in contatto con lui, dapprima contattando la casa editrice e poi andando alla ricerca di un recapito.Conobbi Emanuele Tonon nell'inverno del 2011, dopo un lungo corteggiamento a distanza, fatto di telefonate chilometriche e di brevi incontri su Skype. Durante il nostro primo incontro nei pressi della stazione centrale di Milano lo scrittore maledetto, che nel frattempo era diventato un punto di riferimento per la nuova generazione di autori nati dopo il 1975, si palesò per come me lo ero immaginato: magrissimo, con la barba lunga e una cascata di riccioli neri, il viso affilato a incorniciare un paio di occhiali dalla montatura metallica. Non fosse stato per la voce, calda e ferma come quella di alcuni predicatori, o per il suo aspetto, leggermente trasandato, a metà strada tra il primo Dylan e un il Cristo Morto del Mantegna, avrei potuto scambiarlo per un ragazzotto come tanti altri, eppure c'era qualcosa in lui, una tensione e una voglia di raccontarsi, che me lo rendeva così vicino e, insieme, così inavvicinabile. Iniziammo a frequentarci, a parlare di letteratura e di vini friulani, passammo alcune ore a raccontarci di quello che avevo trovato nel suo romanzo e della sua esperienza in convento davanti ad un bicchiere di grappa. Reggeva bene l'alcool, il ragazzo arrivato da Cormòs e sembrava poco a suo agio in quella cornice metropolitana. E come raccontare del resto, in un solo pomeriggio, di tutta una vita spesa tra il freddo del paese di confine in cui era cresciuto e l'esperienza dolorosa della crisi vocazionale? Diventammo amici, cominciammo a frequentarci di tanto in tanto. Al fortunato romanzo d'esordio (uscito in tascabile nel 2013 insieme al poemetto La mela nella schiena, Isbn) sono seguiti, sempre acclamati dalla critica e apprezzati dal pubblico, il romanzo La luce prima (Isbn, 2011), uno straziante canto d'amore per la perdita della madre e I circuiti celesti - la breve parabola di un angelo centauro (66thandnd), una biografia lirica dedicata al motociclista Marco Simoncelli. Strutturato in otto parti, Fervore è romanzo di rara forza evocativa in cui decisiva è l'esperienza del protagonista, un ragazzo non ancora ventenne che approda in convento, e che nella solitudine della cella riflette sul proprio mondo. Il microcosmo del convento, con la chiesa, il Coro, il refettorio, la biblioteca, il giardino, diventa metafora universale.

Oggi Emanuele Tonon ha 44 anni e continua a scrivere quei romanzi impossibili che i lettori hanno imparato ad amare. Non vive più a Cormòns, ma è un uomo di mezza età che, dopo tanto patire, sembra aver finalmente trovato pace. E questi, senza dubbio, sono i suoi giorni migliori.

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