"Sbagliamo sempre e impariamo poco. È colpa della savana"

La neuroscienziata: cadiamo in "trappole" connaturate al cervello. Ma si possono evitare...

"Sbagliamo sempre e impariamo poco. È colpa della savana"

Ci sono errori che si trovano così bene dentro di noi, che non se ne vogliono proprio andare. Stanno lì, e da essi non «impariamo», come ci hanno sempre illuso, bensì semplicemente si autoalimentano, e continuano a proliferare, un po' come i virus. Eppure questa perseveranza nell'errore non è diabolica, è piuttosto... congenita alla nostra mente, come spiega Sara Garofalo (ricercatrice in Statistica applicata alle neuroscienze all'Università di Bologna) in Sbagliando non si impara (ilSaggiatore, pagg. 212, euro 14), un saggio il cui sottotitolo ci inchioda al nostro destino con poca pietà: «Perché facciamo sempre le scelte sbagliate in amore, sul lavoro e nella vita quotidiana».

Insomma Sbagliando non si impara? Proprio niente?

«Il titolo è provocatorio... Spesso impariamo dai nostri errori, il problema è quando non li riconosciamo come tali: ci sono meccanismi mentali che portano a fare scelte rapide e non ponderate, di cui non siamo consapevoli; ed è lì che, sbagliando, non impariamo, perché, se non ne siamo consapevoli, non possiamo imparare».

Quali meccanismi sono?

«Si possono definire trappole mentali o, in maniera più tecnica, bias cognitivi, che sono le deviazioni sistematiche, o euristiche, che sono le scorciatoie».

Le scorciatoie ci fanno impantanare?

«Il cervello si è evoluto per decidere in tempi rapidi, perché nella savana era utile per sopravvivere. Oggi però viviamo in un mondo totalmente diverso, siamo bombardati di informazioni che il nostro cervello non può controllare e, quindi, esso non dà il giusto peso alle cose, e scivola in una rapida decisione, che non tiene conto di tutte le variabili in gioco».

Si può sfuggire a questi meccanismi?

«Sì. Il primo passo è conoscerli meglio, capire come funziona la nostra mente e allenarla a riconoscere queste situazioni devianti. Un caso classico è quando compriamo qualcosa in saldo».

Come si fa a resistere?

«Bisogna non farsi guidare dallo sconto e non lasciarsi influenzare dalla cosiddetta áncora, il prezzo iniziale: il cappotto costava 250 euro, ora ne costa 100, ma non dovrei valutare sulla base del prezzo originario, bensì in base a quanto pago... Invece ci facciamo guidare dal prezzo originario».

C'è l'áncora e c'è l'esca.

«È quella opzione che attira la tua attenzione, per esempio in un menu c'è sempre un prezzo esca, molto alto, che diventa un'áncora, così che tutti gli altri prezzi sembrino economici. Succede anche quando scegliamo fra menu grande, medio o piccolo, perché non valutiamo le singole opzioni bensì tendiamo a confrontarle; questo modo di presentarle serve, appunto, da esca, per farci scegliere quella che ci sembra migliore, non quella che vogliamo».

E il risultato è?

«Una spintarella, il nudging, come la chiamano gli esperti di marketing, che conoscono questi meccanismi di funzionamento della mente e li usano nella architettura della scelta, per promuovere i prodotti».

Perché il saldo è comunque così irresistibile?

«Il cervello cerca di ottimizzare le informazioni che ha e quindi, nel caso dei saldi, si aggrappa al prezzo scritto sul cartellino. In altre situazioni si aggrappa a una emozione, per esempio quando si tratta di decidere su temi complessi, come gli ogm o i vaccini».

Quali meccanismi intervengono nel caso dei vaccini?

«Un cocktail di bias cognitivi che portano a rifiutare a priori il vaccino. Con una conseguenza, il cosiddetto giro gratis».

Che cos'è il giro gratis?

«Se non sono vaccinato, in un mondo di vaccinati traggo beneficio comunque. Prendo il treno senza pagare il biglietto... Quello che spinge a comportarsi così è la paura che deriva dall'incertezza: nel dubbio sono più portato a non agire che ad agire, per timore di conseguenze avverse».

È l'avversione alla perdita?

«Sì, ed è un'arma a doppio taglio. Essere disposti a tutto pur di tenere lontane le cose negative in tante situazioni è utile, però a volte questa predisposizione è così estrema da spingere a vedere come più rischiose cose che non lo sono, come gli effetti collaterali del vaccino rispetto alla malattia, e porta a decisioni paradossalmente più rischiose».

E perché commettiamo sempre gli stessi errori anche in amore, o sul lavoro?

«È il problema dei costi sommersi, il fatto di vivere come un costo il tempo, il denaro o l'affetto che ho investito. Per non avere la sensazione di buttare via quel tempo passato rimango invischiata in una relazione che non mi dà più gioia, oppure attaccata a un lavoro che non mi piace, perché ho studiato tanti anni per farlo...».

In quali altri casi ci influenzano le emozioni?

«Dandoci informazioni quando non ne abbiamo, per esempio quando ho di fronte a me un alimento ogm, non conosco nulla di esso, eppure mi richiama alla mente un laboratorio, una emozione negativa, e allora decido in base all'istinto, mentre dovrei chiedermi: conosco la differenza fra un alimento ogm e uno bio? Oppure intervengono nella dissonanza cognitiva».

Che cos'è?

«Quel dolore che proviamo nel pensare che le cose brutte avvengano per puro caso, e che ci spinge alla ricerca ostinata di una spiegazione degli eventi a tutti i costi».

Cerchiamo per forza un significato?

«Vediamo legami di causa-effetto anche dove non ci sono. Il nostro cervello ha un vantaggio evolutivo a funzionare così, il limite si riscontra quando il legame è diluito nel tempo e, quindi, è più difficile da scorgere. E allora si individuano le cause sbagliate, si pensa che le antenne del 5G abbiano portato alla pandemia di Coronavirus... Due cose che correlano non sono sempre una causa dell'altra, magari sono solo avvenute in contemporanea».

Ma al supermercato si può stare a pensare così tanto?

«Eh no. Però in certi casi basta pensarci un attimo, per esempio di fronte a uno yogurt magro al 97% o con l'1% di grassi la maggioranza sceglie il primo perché, se il mio obiettivo è dimagrire, vedo la parola magro e compro».

Perché?

«È l'effetto framing, l'incorniciamento, come mi viene presentata una scelta. Come lo sconto che mi viene offerto al ristorante se pago in contanti: se mi venisse presentato come un sovrapprezzo se pago con il bancomat, sarei contento? Però questi errori non sono gravi, ci sono scelte più importanti che compiamo, come quelle sui vaccini, sugli ogm, sul nucleare, sul donare gli organi o sul clima, in cui riconoscere questi meccanismi può fare la differenza».

Ci sono meccanismi non scardinabili?

«Vediamo due punti e una linea e per noi è una faccia, è il leone nascosto dietro il cespuglio. Non è che, se lo sai, non vedi la faccia: è proprio quello il meccanismo, e il cervello lo fa prevalere comunque, perché nella savana ti fa sopravvivere. Nel dubbio, scappa. Così è alla cassa del supermercato».

Quando compriamo le caramelle o gli ovetti di cioccolato messi lì apposta?

«Lì non ti fregano sul prezzo ma ti

stanno invogliando. È l'euristica della disponibilità: non lo volevo ma, trovandomelo davanti, lo valuto... E lo sai che ti stanno dando la spintarella, ma quando hai visto la barretta di cioccolato, che fai? Non si scampa».

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