Schicchi, il re del porno che fece arrossire l'Italia con Moana e Cicciolina

È stato il primo a sdoganare il genere hard e attorno ci costruì un business. Che lo portò anche in carcere

Schicchi, il re del porno che fece arrossire l'Italia con Moana e Cicciolina

Quando appariva in tv in quei dibattiti pruriginosi fra il dire e il non dire di un sociologo, lo scosciamento sobrio di una ragazza delle sue, gli ammiccamenti del conduttore e i risolini del pubblico, parlava del cinema porno come un entomologo parla delle farfalle del Madagascar o un filologo di lingua d'oc e d'oil. Secco e dinoccolato, gli occhi cerulei fissi sull'interlocutore, Riccardo Schicchi argomentava con serietà sul perché e il per come dell'amore di gruppo e della sodomia, delle perversioni e del fetish in ogni sfumatura e gradazione da bollino rosso, rosso pompeiano, carminio e via fornicando.

Esagerava, certo, ma non recitava: ci credeva proprio. Quello era il suo lavoro e la sua missione, molto prima e un po' dopo i guai giudiziari in cui venne coinvolto: nel 2006 la condanna in primo grado a 6 anni di reclusione per associazione per delinquere, violazione della legge sull'immigrazione e sfruttamento della prostituzione; poi il tuffo nel calderone di Vallettopoli (arrestato e scarcerato); infine nel gennaio 2008 la condanna a una multa di 800 euro per incitamento alla prostituzione. Il sesso era una febbre, una maledizione come la malattia (il diabete mellito) che se l'è portato via a 60 anni. Il 28 giugno scorso era uscito dal coma, ma ormai praticamente cieco. E senza la vista come avrebbe potuto apprezzare curve e rettilinei nei gran premi dell'hard?

Siciliano di Augusta, le femmine lo affascinarono molto presto, fin da quando, al liceo, s'intrufolava nei bagni sbagliati per fare la cosa che poi ha continuato a fare per tutta la vita: spiare. Lo cacciarono e lui dallo scientifico passò all'artistico. Il diploma non potè che arrivare con una specializzazione in fotografia. Gli inizi a Epoca non furono vietati ai minori: i suoi scatti arrivavano persino da zone di guerra. Il ragazzo aveva stoffa, dicono.

Ma l'incontro con una femmina tutt'altro che sicula, per quanto caldissima, lo rimise sul binario da cui era partito. Ilona Staller, ungherese, è stata la regina dell'impero schicchiano in un crescendo continuo. Le foto ardite. La trasmissione radiofonica dal titolo inequivocabile, Voulez-vous coucher avec moi? Il primo nudo integrale in una discoteca, non suo di lui, naturalmente, ma della Cicciolina ormai nazionale e internazionale, nell'Italia di fine anni Settanta. Il primo soft porno del '79, Cicciolina amore mio. Poi la spinta verso la deriva più spinta delle pellicole estreme. E infine il climax (e forse la nemesi) del sesso: la politica, con il Partito radicale. Nella sua Sicilia si dice che «cummannari è megghiu ri futtiri», ma Cicciolina, che lo seguì in quell'avventura spericolata, in Parlamento non entrò per cummannari. Piuttosto, con la complicità di Marco Pannella, per spogliare l'Italia delle ipocrisie.

Gran cerimoniere e dominus dell'agenzia Diva Futura, fucina e opificio di uomini e donne da inchiavardare alla catena di montaggio dell'industria filo-onanistica, Schicchi è stato anche lo scopritore della più amata fra tutte «quelle» signorine: Moana Pozzi. E questa volta la sua creatura gli sfuggì di mano. Perché Moana andò oltre il proprio ruolo di bambola pronta a tutti gli usi: gli spettatori non si limitava a eccitarli, li addolciva con la voce tiepida e con una classe degna di miglior causa.

Una di «quelle» signorine Schicchi la fece diventare signora nel '94, Eva Henger, ungherese anch'essa e molto, molto più al posto giusto della Pozzi. Il Partito dell'Amore era miseramente già fallito, e poi fallì anche il matrimonio, nonostante due figli, anche se Eva non ha mai chiesto la separazione legale dal suo mentore e consorte.

Personaggio controverso anche al di là del suo settore di competenza, accreditato di una buona dose di cinismo come del resto tutti i manager che si rispettino, indipendentemente da ciò che mettono sul mercato, Schicchi viene ora ricordato con riconoscenza e affetto dal big più big della compagnia, Rocco Siffredi: «È stato un padre per me. Avevo 20 anni quando mi scelse: sono stato l'unico uomo tra tutte le sue donne Cicciolina, Moana, Malù, Ramba, accettato perché era un amante della bellezza. A me dicevano che ero un figo, lui si prendeva gli insulti dei benpensanti. Gli devo tutto».

Anche

i benpensanti, a volte, hanno qualche ragione. E forse questa volta si metteranno una mano sulla coscienza per accompagnare nel buio finale un uomo che li ha tormentati, spiandoli, con il buio dei desideri inconfessabili.

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