"Quella sera in tram con Bearzot ho battuto la mia timidezza"

"Azzurro tenebra" di Arpino: capolavoro. E che stile il "Vecio"...

"Quella sera in tram con Bearzot ho battuto la mia timidezza"

È la riprova che tutto è possibile in letteratura. Anche un libro sferico, che rotoli veloce come il pallone di cui racconta, cambiando traiettoria a seconda di chi lo legga ma senza bisogno di altri passaggi o colpi di testa. In fondo è bastato il primo, quello di Alessandro Gnocchi, capo della Cultura del nostro Giornale e tifoso della Cremonese, anzi, tifoso della Cremonese e capo della Cultura del Giornale, che un giorno d'estate si è smarcato a centro area staccando più in alto di tutti per insaccare in rete questa idea colta e solo apparentemente complicata: il calcio è «libertà dentro le regole, proprio come la poesia», è pratico e lineare come la prosa, è l'unico rito di massa che non accenni a crisi mentre ogni culto paga dazio, chiesa compresa.

«Il capocannoniere è sempre il miglior poeta dell'anno» è la frase di Pier Paolo Pasolini che dà il titolo a questo gioco, così l'ha definito Alessandro appoggiandone una copia sulla scrivania di chi da sempre scrive di sport, quasi volesse che nella sfericità del pallone il suo gioco - ma è molto molto di più - rotolasse là dove in fondo tutto è partito e riparte ogni week end e ogni settimana di coppe. È un gioco elegante questo saggio, profondo quando deve, spassoso, ironico e nostalgicamente romantico quando vuole, ma sempre con la forza bipartisan di prendere subito per mano chi tifoso e fedele del culto lo è già e chi tifoso non lo è mai stato. La sfericità del testo sta in questo: il tifoso vero appaga la propria fame di emozioni, rileggendosi e scoprendosi migliore di quel che si è sempre creduto ora che, pagina dopo pagina, comprende di potersi accompagnare ai grandi pensatori perché «i filosofi davanti al rettangolo di gioco perdono la ragione...» scrive Gnocchi. Albert Camus fu ottimo portiere, Benedetto Croce da «buon calciatore» si trasformò per alcuni anni, causa infortunio fuori dal campo (il terremoto di Casamicciola), in un Raiola ante litteram; Martin Heidegger fu discreta mezz'ala sinistra in gioventù e poi grandissimo estimatore di Franz Beckenbauer. E se il tifoso in compagnia di figure simili trova conforto e sicurezza, fra queste pagine chi tifoso non è mai stato inizia a domandarsi cosa non vada in lui e cosa fin qui si sia perso nel non riuscire a soffrire e gioire davanti a una palla che rotola. Perché il calcio, anche quello spezzatino, rovinato e indebitato di oggi, rimane poetico; come la poesia ha regole da rispettare e come la poesia concede agli autori e attori, letterari o pedatori o spettatori che siano, l'affascinante libertà di poterle trasgredire. Quanta insensata bellezza sta racchiusa in questo atto di violazione? «Perché il calcio è metafora della vita» scrive Sartre, «no, semmai è la vita metafora del calcio» ribalta tutto il filosofo Sergio Givone. Di più, ancora di più. Il calcio è poesia, è prosa, è letteratura, ed è potere perfettamente diviso, arbitro, allenatori, calciatori; per cui il calcio è società, è politica, «è un modo per conoscere la realtà» dice Camus. La riprova: l'Europeo di Mancini specchio di un Paese che rinasce e i brividi nel rileggere Giovanni Arpino in Azzurro tenebra, 1977, romanzo di un'Italia brutta come la Nazionale eliminata ai Mondiali di tre anni prima. Ancora realtà. «Era dai tempi della Rivoluzione francese che non si vedeva una mobilitazione simile...» provoca Gnocchi ricordando la sollevazione di media, capi di Stato, sovrani, premier, ricchi e poveri all'annuncio di una Superlega fra i grandi club del continente. Se questa attenzione a livello europeo «fosse stata riservata al covid, ciao virus, ne saremmo usciti in due mesi, non in due anni...».

Sì, un gioco, uno sfogo, un atto di fede, un gesto d'amore verso la propria passione, questo libro rotola veloce e sta solo a noi, a voi indirizzarlo in rete. Dopodiché, ci sentiremo tutti meglio.

In fondo aveva ragione Bill Shankly, il leggendario manager-allenatore del Liverpool, quando diceva «spaccherei una gamba a mia moglie se giocassi contro di lei ma non la tradirei mai». Perché il calcio è poesia, prosa e vita. Ma un'altra vita.

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