Il Verdone di "Vita da Carlo" conquista

Tra farsa e verità, Verdone mette in scena un'auto-analisi ironica del proprio quotidiano. L’ampio respiro della serialità permette di godere appieno di un talento ancora unico.

Il Verdone di "Vita da Carlo" conquista

Vita da Carlo, la serie in 10 puntate su Amazon Prime Video che racconta in maniera romanzata il quotidiano dell’attore e regista Carlo Verdone, è una delizia rinfrescante.

Ha il pregio prezioso di far trascorrere del tempo in compagnia di qualcuno di amabile e divertente. Verdone non ha mai nascosto di essersi ispirato a se stesso per i protagonisti dei suoi film nella seconda parte della carriera. Ebbene, una serie in cui il personaggio principale sia davvero lui, in modo parzialmente autobiografico (al 40% ha giurato l’interessato), appare come la chiusura del cerchio.

La sinossi è semplicissima. Carlo Verdone è alla disperata ricerca di una giornata serena. La sua esistenza è infatti quotidianamente messa sotto pressione da una serie di ingerenze esterne. Ci sono i figli da capire, la governante ereditata dal padre che minaccia vertenze, lo sceneggiatore con velleità autoriali, il produttore che spinge per il sequel di “Viaggi di nozze”, i fan che gli chiedono in continuazione di rifare i personaggi degli inizi e la gente comune interessata all’immancabile selfie. Verdone si trova in un periodo complesso, sospeso tra due sogni che hanno il retrogusto di incubi, date le sue incertezze a riguardo: il primo è quello di girare un film d’autore, l’altro è quello di accettare la candidatura a sindaco che gli è stata proposta dal centrosinistra romano. Vorrebbe anche innamorarsi di nuovo e, complice la nota ipocondria, si troverà a invaghirsi della propria farmacista (Anita Caprioli).

“Vita da Carlo” è una serie tv in cui contenuti verosimili o reali non disdegnano commistioni con il registro onirico (ogni episodio inizia con un sogno del protagonista). La pesca nell’inconscio dell'autore prosegue in alcune allegorie disseminate qua e là nella messa in scena. Sembra quindi di trovarsi di fronte a un’auto-terapia psicanalitica, spassosa ovviamente, in cui è difficile capire dove inizi la farsa e dove finisca la realtà.

La solitudine emotiva di Verdone, nota malinconica del racconto, nasce dall’enorme disponibilità che quest’uomo ha nei confronti degli amici così come degli ammiratori. La sua natura affabile è una trappola che lo rende incapace di dire di no anche quando è a rischio l'equilibrio psicologico. Il risultato è di rocambolesca stravaganza: può capitare che Carlo venga stalkerato da una malata terminale ipercritica nei confronti dei suoi film o che si trovi coinvolto in un appuntamento al buio tragicomico organizzato dagli amici più cari e così via.

Abbandonate certe meccaniche reiterate della sua ultima filmografia, Verdone è qui naturale e spontaneo, molto più godibile. Mette in gioco la sua essenza, senza celebrarsi. A dominare sono i principali tratti psicologici dell’autore: ansie, tic e ruminazione mentale.

Umile eppure orgoglioso, sognatore ma anche realista, Carlo nella serie è un provetto temporeggiatore. Tergiversa su tutto e si barcamena in giornate che lo vedono interagire con personaggi come l’ex della figlia, oramai divenuto un coinquilino parassita, o un’ingombrante ex moglie (Monica Guerritore), così come duettare con Max Tortora (vera spalla comica della serie), Alessandro Haber (gustoso monologo ebbro di verità) e Morgan (l'intrusione più surreale), tutti e tre nel ruolo di loro stessi. C’è anche un riuscito cammeo di Roberto D’Agostino.

A fare da collante a quanto sopra, l’amore ricambiato per Roma, città ritratta nei suoi differenti quartieri, nello splendore e nelle problematiche, la vera coprotagonista della serie.

“Vita da Carlo” ha ritmo e buonumore, si vorrebbe avere a disposizione subito la seconda stagione.

Se nella formula filmica, infatti, ultimamente Verdone appariva stanco, in questo format a episodi, peraltro brevi, sembra aver trovato l’humus perfetto per la rifioritura della sua incontestabile unicità.

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