Si scrive miart, si vede di tutto e significa festival dell'arte

È la fiera più importante d'Italia, rilanciata da Vincenzo De Bellis (che ora va negli Usa): moderno accanto al contemporaneo, una sezione di design e le riscoperte di "THENow". Dall'8 al 10 aprile a fieramilanocity

Si scrive miart, si vede di tutto e significa festival dell'arte

Dopo quattro anni di direzione, Vincenzo De Bellis lascia il «Miart» e vola in America: prossima prestigiosa destinazione il Walker Art Center di Minneapolis, Minnesota. Chi prenderà il suo posto avrà il compito di proseguire, se non ampliare, l'indubbia vocazione internazionale e anche offrire molto spazio alle gallerie italiane di qualità, troppo spesso messe nell'angolo da altri competitor. Poiché l'esterofilia programmatica non è che sinonimo di provincialismo, proprio come accade nel campionato di calcio, una gestione oculata e intelligente centra l'obiettivo sul carattere di una città e Milano in questo momento, parlando di arte e non solo, non ha uguali nel Bel Paese. Sarà l'effetto Expo o più probabilmente il fatto che dall'inizio del 900 a oggi sotto la Madonnina hanno lavorato e lavorano artisti significativi, operano ottime gallerie, gli spazi privati per decenni hanno svolto funzione di museo pubblico e i curatori stranieri se si devono informare su quanto accade di interessante in Italia non possono che venire qui. Altrove si limitano a pure operazioni di vetrina, mentre a Milano si lavora per produrre idee e oggetti. Lo testimonia la grande mostra voluta dalla Triennale sul design, in attesa dell'imminente Salone del Mobile che ci darà, come sempre, più di uno spunto per il futuro.

«Miart» numero 21, aperta dall'8 al 10 aprile a FieraMilano City padiglione 3, vuole dunque essere la fiera d'arte più importante d'Italia e infatti si sta giocando con «Artissima» questo primato, andandola a sfidare proprio nel suo punto di forza: le presenze straniere, da ben 16 paesi. Ma il dato più interessante è che delle 154 gallerie, 40 partecipano a Basilea, il che significa davvero essersi conquistati una reputazione che prima non c'era. Prima di Vincenzo De Bellis, insomma, «Miart» era considerata né carne né pesce, nel 2016 ha compiuto il definitivo salto di qualità.I meccanismi che hanno funzionato in questi ultimi anni non si toccano: c'è il moderno accanto al contemporaneo, la sezione design che funziona da ponte con il Salone e soprattutto THENow, da dove sono partite le riscoperte più significative di quegli artisti, magari appartati, che ora se la giocano sul mercato. I «nomi nuovi» su cui investire? Il maestro dell'Arte Povera Giovanni Anselmo, l'italo-tedesca Irma Blank, la poesia visiva di Giuseppe Chiari, le sculture di Pietro Consagra, le foto di Florence Henri, i collage di Jiri Kolar. E proprio per non fare sentire il moderno un'ancella del contemporaneo, ecco la nuova sezione Decades, curata da Alberto Salvadori, direttore del Museo Marino Marini di Firenze, con una rivisitazione, decennio per decennio, dell'intero Novecento, partendo da un dipinto di Giovanni Fattori e arrivando fino agli anni '90 rappresentati da Stefano Arienti, con in mezzo l'astrazione anni '30 (Soldati, Magnelli, Prampolini), la performance di Gina Pane e Ketty La Rocca, la Londra degli anni '80 di Derek Jarman.

Tra le new entry al «Miart», davvero grossi nomi: Sperone Westwater e Greene Naftali (New York), Blain Southern (Londra), Marc Foxx (Los Angeles), Esther Schipper (Berlino). Poi talk, premi, acquisizioni, perché anche a Milano la fiera si sta trasformando sempre più in un festival dell'arte.Il programma di mostre in città è davvero poderoso e merita almeno una giornata tutta per sé, a cominciare dall'evento firmato in tandem tra «Miart» e Fondazione Trussardi, che da anni si dedica al recupero di edifici storici dell'architettura milanese: in piazza Oberdan, sotto al superficie stradale, c'è l'Albergo Diurno, edificato negli anni '30 da Piero Portaluppi, chiuso da un bel po' e rimesso in piedi con il contributo del FAI. Per soli tre giorni ospiterà il lavoro di Sarah Lucas, ex ragazza ribelle della yBa, in un intervento site specific che accanto alle sculture rievoca la propria memoria personale con foto, filmini e video in una galleria di situazioni e personaggi dalla sessualità ambigua che indubbiamente trova sintonia con questo particolare sito. Poiché gli organizzatori prevedono un'eccezionale affluenza di pubblico, è necessario prenotare la visita.Si va quindi da Studio Azzurro, a Palazzo Reale, fino a Carsten Hoeller, all'Hangar Bicocca; dalla neonata Fondazione Carriero (in via Cino del Duca 4, con una mostra dedicata a Fontana e Leoncillo) alle mostre in galleria. E qui c'è chi esibisce davvero i muscoli, a cominciare dal grande artista sudafricano William Kentridge presso Lia Rumma...

Intanto Massimo De Carlo apre uno spazio nuovo a Palazzo Belgioioso con la personale di Rudolph Stingel, atesino esportato negli Stati Uniti, mentre Giò Marconi ripresenta Gunther Forg e Peep-Hole insiste con Paolo Gioli e la sua fotografia astratta, rilanciata dall'ultima Biennale. Citare la miriade di inaugurazioni di questo lungo weekend è impossibile: per chi ama l'arte non esserci è impensabile.

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