Il "Sole nero" che ombreggia l'Ottocento dagli scapigliati fino a un certo burattino...

Francesca Saggini offre uno sguardo "British" e acuto sul gotico italiano

Il "Sole nero" che ombreggia l'Ottocento dagli scapigliati fino a un certo burattino...

Attenzione al secondo sottotitolo: Uno sguardo dall'Inghilterra. Su che cosa sia puntato lo sguardo lo dice il primo sottotitolo: Il gotico meridiano dell'Ottocento italiano. E dunque il titolo, Sole nero, illumina il versante mediterraneo della letteratura nera. Lo sguardo dall'Inghilterra è quello dell'autrice Francesca Saggini la quale, oltre che all'Università della Tuscia, insegna da anni nel Regno Unito. Quindi è come se qui ci parlasse da Viterbo grazie a un ponte radio con Cambridge o Edimburgo. Non è un particolare trascurabile, poiché il saggio (La Vela) si rivolge anche al lettore britannico desideroso di fare un rapido Grand Tour nei decenni canonici del gotico italiano e presso le fonti da cui è sgorgato.

Per esempio: «si scorgono inconfondibili e inquietanti nerbature gotiche sotto il bello morale neoclassico. L'eburneo marmo levigato del realismo è il simbolo di un secolo che sembra quasi cercare protezione intorno a temi rassicuranti quali verismo, razionalismo, didatticismo». L'eburneo marmo levigato, cioè, dice di Canova e dei suoi corpi talmente perfetti da apparire perturbanti come mostri di bellezza, ma dice anche del verista Verga, poiché il «vero» è tale 24 ore su 24, sotto il sole diurno e sotto il sole nero... E se il sole diurno è «ridente», ancorché «fuggitivo» come gli occhi di Silvia (importanti i riferimenti bibliografici al Leopardi «pseudo-gotico»), anche dietro un sorriso può nascondersi, per manifestarsi con maggior efficacia, l'orrore. Acuto in questo senso lo scavo semantico relativo a Fosca dello scapigliato Tarchetti (per inciso i capelli muliebri - scompigliati, strappati, sporchi o bruciati - e il feticismo che generano sono un efficace veicolo di paure ataviche in molti racconti di autori italiani). Scrive in proposito l'autrice: «orrid- econtenuto all'interno di uno dei termini più ricorrenti, nelle sue diverse declinazioni, nel romanzo: sorridere. Nella mia interpretazione tale termine può essere decostruito in s-orrid-ere. Ho contato ben 28 occorrenze di coniugazione o sostantivazione del verbo sorridere in questo romanzo fosco».

Quanto ai classici, spazio a I promessi sposi di Manzoni, con i riferimenti a Il castello di Otranto di Walpole e «alla scuola radcliffeana». E se l'edizione «ventisetteana» del capolavoro di don Lisander si discosta dalla «quarantana», passando a Collodi Le avventure di Pinocchio in qualche modo edulcora il gotico spinto di La storia di un burattino. Questa prima versione del bestseller collodiano è messa in relazione con un altro inquietante pezzo di legno, Il violino a corde umane, di Antonio Ghislanzoni, librettista (anche dell'Aida), poeta e autore di racconti. Questo diabolico violino sulle cui note avrebbe solfeggiato volentieri il professor Hannibal Lecter, come Pinocchio diventa «umano», poiché le sue corde sono fatte con le viscere del maestro di un folle musicista.

Infine, a dare ulteriore impulso al genere, in Italia concorre il quadro nazionale. «La sovversione potenziale della sperimentazione gotica (e fantastica in generale) risponde alla disillusione della post-unificazione e veicola questa crisi attraverso forme e temi anti-realisti o para-realisti che mirano a contestare i fatti e la fattualità».

Insomma, il nostro gotico è «ibrido, sicuramente bipolare, teso in una perenne lotta transgenerazionale con(tro) la stolida res - il realismo, quel dull catalogue of common things a cui si ribella John Keats - sul limite incerto e mobile tra materia e idea, romantico e classico, ovvero tra griechisch e gotisch». Del resto se, essendo latini, siamo anche figli dei greci, come avremmo potuto non imparentarci anche con il gotico?

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