nostro inviato a Sanremo
Tutte ma proprio tutte. Tommy Lee non nasconde neanche una delle sue stimmate viziose: volto scavato, occhialoni strategici, risatine improvvise. Da trent'anni è testimonial dell'esagerazione pubblica e privata. Batterista nei rumorosissimi Motley Crue (cento milioncini di dischi venduti). Vizioso in tutto il resto (il suo pornovideo con Pamela Anderson è ormai un cult). «Sono stato svezzato molto presto», ridacchia aspirando il fumo di una Marlboro. Volesse, potrebbe scrivere un libro così indiscreto che al confronto Hollywood Babilonia di Kenneth Anger sembrerebbe il Corriere dei Piccoli. Overdose. Arresti. Orge. Risse. «Quanto a provocazioni non mi sono mai fatto mancare nulla». Neanche stavolta. Ieri sera all'Ariston ha suonato Volare (già, Volare) con Raphael Gualazzi e The Bloody Beetroots, roba impensabile per tutti e quindi divertente assai, specialmente quando questo cinquantunenne, figlio di Miss Grecia e padre della Los Angeles heavy metal, ha attaccato un improbabile e americanissimo «volare oh oh».
Tommy Lee, lei che suona al Festival di Sanremo è la quadratura del cerchio.
«Certo che sì! Ho sempre voluto rompere tutte le barriere e questa mi sembra l'occasione giusta. Quando, un mese fa a Los Angeles, Bloody Beetroots me l'ha chiesto, ho risposto subito: Oh Gesù, è fottutamente bello».
Ma dai, lei manco sapeva cosa fosse il Festival...
«Lo ammetto. Però mi sono documentato su YouTube, ho visto che qui c'è venuta un sacco di gente, da Mike Tyson fino ai Kiss. E, quando sono arrivato in albergo, ho visto quasi tutta la puntata di giovedì».
Impressioni?
«Molto brava quella bionda (Veronica De Simone, ndr) e quello con i capelli da rocker (Francesco Renga, ndr)».
Ma lei cosa c'entra con la musica leggera italiana?
«Nulla. Ma viviamo una vita sola e quindi bisogna imparare, no? E poi Andrea Bocelli è uno dei miei idoli. A me piace tutta la musica tranne il country perché mio padre da ragazzino mi ha fracassato le p...».
Il batterista senza il quale non ci sarebbe Tommy Lee?
«John Bonham dei Led Zeppelin che purtroppo però non sono mai riuscito a vedere dal vivo».
I Motley Crue si sono appena sciolti definitivamente.
«Certo. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare e siamo tutti vivi, per fortuna. Non ha senso andare avanti, mica possiamo diventare grassi e inutili come Axl Rose dei Guns N'Roses».
Forse è finita un'epoca.
«Decisamente sì. Non è finita solo l'epoca del rock duro. Sono finite proprio le band. Fateci caso: non se ne vede una neanche nei grandi show come i Grammy Awards. Al massimo fanno come i Metallica che duettano con il pianista cinese Lang Lang. Ormai sei fortunato se vedi una band in tv. Gli ultimi dieci, dodici anni sono stati il cimitero del rock».
Addirittura?
«Per fortuna ho sempre suonato e ascoltato di tutto. Anche qui, con Gualazzi e The Bloody Betroots, che conosco da tanto tempo, abbiamo jammato su tante canzoni, da quelle di Stevie Wonder al vecchio funky anni 70».
Chi l'avrebbe detto...
«Sì chi l'avrebbe detto. Io ero un dirty boy di Los Angeles che a un certo punto si è ritrovato in tour in tutto il mondo e lo ha conosciuto in ogni suo angolo più piccolo e perverso».
Se dovesse dire un grazie a qualcuno?
«A Ozzy Osbourne. È stato lui a farci fare il primo grande giro di concerti nel 1984».
Però poi fu interrotto per eccesso di droghe e alcol.
«Ho visto fare a Ozzy cose che noi umani. E anche io non mi sono tirato indietro. Eravamo giovani, non avevamo limiti e ci siamo ritrovati a fare cose stupide, molto stupide».
E ora?
«Suono e cucino. La mia pasta al tonno è mica male, sa?».
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