"The spy" rende giustizia a un vero eroe di Israele

La serie di Netflix racconta bene vita e morte di Eli Cohen, l'agente che mise in scacco la Siria

"The spy" rende giustizia a un vero eroe di Israele

La storia di Eli Cohen è meravigliosa, l'interpretazione di Sacha Baron Cohen stupefacente, ma le sei puntate di The spy (Netflix) sulla famosa spia troppo dolorose, forse, troppo vere, per potere essere digerite nel comune pasto delle serie televisive. Tant'è vero che con desiderio di delegittimazione, travestito da passione per l'action, svariate recensioni, e soprattutto quella del giornale Haaretz -che non si stanca mai di riportare tutto alla politica che gli interessa- aggredisce la serie dicendo senza veli: «finalmente eccone una che può piacere a Netanyahu». Che vergogna! Vero, questa serie, per la memoria, per il senso (finalmente! dopo tanti film in cui Israele chiede scusa e perdono di doversi difendere) di straordinarietà e di eroismo che comunica restando sostanzialmente aderente al testo storico, fa capire parecchio, di Israele, del suo spirito, dell'incredibile funambolismo della sua sopravvivenza. E Baron Cohen, che fino a ora aveva fatto ridere e sogghignare con i personaggi di Borat e di Bruno, riporta alla vita con un'interpretazione molto appropriata "la spia" e riesce a trasformarsi del tutto, con la semplicità che hanno solo i grandi attori. Rilegge la biografia di Cohen (tanto più che hanno lo stesso nome, il più simbolico del mondo ebraico) senza togliere e senza mettere, riproducendo il testo di una grande storia che ha un solo difetto: finisce male. Sin dalla prima scena, in cui Eli è già stato torturato, e in cella, scrive il messaggio di congedo alla moglie lontana, lo spettatore sa dove siamo diretti: al patibolo. Sacha Baron Choen riesce a comunicare, con la sua stessa fisionomia di ebreo egiziano, anche nei momenti in cui si vedono le sue feste, i suoi equilibrismi, i suoi successi a Damasco, una melanconia mediorentale, il senso di un destino segnato, quello di consacrare la propria giovinezza. Stessa linea recitativa anche per il personaggio del suo responsabile nel Mossad, Dan (interpretato da Noah Emmerich, lo stesso di The americans): lo vediamo eccitato dai successi incredibili del suo inviato e nello stesso tempo sempre angosciato per il rischio continuo. Così è sempre nella storia e nella vita quotidiana di Israele, non sai mai se sei più fiero di riuscire a preservare nonostante tutto, o più preoccupato per la sorte dei tuoi cari.

Eli Cohen nacque nel 1924 ad Alessandria d'Egitto e i suoi genitori subirono la grande espulsione di 600mila ebrei dal mondo arabo alla nascita dello Stato di Israele. Eli restò in Egitto per concludere i suoi studi di elettronica. Partecipò a attività sioniste, ma fu arrestato, e prese parte a una missione segreta per Israele fino a essere a sua volta espulso nel '56. Giovane semplice ma ambizioso, cercò di entrare nel Mossad, ma ancora non era considerato pronto. Così il suo training, nel momento in cui si scoprirono i suoi talenti, fu frenetico, intensivo, perché la Siria diventava pericolosa ogni giorno di più, mentre avanzava il potere baathista.

Intanto nella sua vita arrivò il grande amore, Nadia Majald, una bella ragazza di origine irachena, con cui nella serie si sorride e si piange, mentre lei da sola, negli anni a partire dal 1960, quando Eli parte per l'Argentina, cresce in totale solitudine i suoi due bambini. Oggi Nadia commentando la serie ha detto che non è del tutto soddisfatta, che ci sono cose inesatte: ma la sua critica è stata piuttosto blanda, quella di chiunque abbia vissuto una vicenda unica, irripetibile, che non può essere riprodotta o rappresentata; ha detto anche che comunque è positivo che se ne parli perché così c'è la speranza che il corpo di Eli possa essere un giorno restituito. I siriani ancora non lo hanno fatto: brucia troppo quello che Cohen è riuscito a realizzare durante la sua fantasmagorica operazione.

Eli fu rapidamente addestrato a parlare arabo con accento siriano benché provenisse dall'Egitto, e prese il nome di Kamel Amin Thaabet. In Argentina, la sua prima tappa, si guadagnò un gran nome di patriota siriano, di benefattore e anche di organizzatore di feste che divertivano i militari, i diplomatici, l'élite siriana, fino conquistare l'amicizia di Amin al Hafez, che sarebbe poi diventato presidente della Siria. Kamel finalmente si trasferì in Siria e non solo riuscì a scoprire segreti che mandava in patria con l'alfabeto morse -che nella serie digita ogni sera su una radio che tiene in un armadio, e che alla fine lo farà scoprire-, ma creò, influenzando i circoli sempre più importanti di cui entrava a far parte, situazioni utili a Israele. Per esempio, sarà lui, con un pretestuoso gesto di munificenza, a far piantare gli alberi per proteggere le postazioni militari siriane, ma anche a far disegnare e rilevare la cartina delle loro posizioni, cosa che risultò essenziale per bombardarle nella Guerra dei Sei Giorni... Baron Cohen ha momenti di eccellenza quando, persino a casa sua, con la madre e con la moglie in Israele, e poi sulla soglia dell'esecuzione, mostra la confusione mentale, dopo tanta sicurezza nell'azione, di una persona costretta a trasformare la sua personalità fino a rinunciare alla propria vita. Eli a volte diventa Kamel, e ne soffre. Le sue feste lussuriose, il corteggiamento femminile cui deve sottoporsi essendo un marito fedele, il trattamento di favore dell'esercito che lo conduce nelle postazioni più delicate proponendogli persino di sparare personalmente sugli israeliani che si vedono in lontananza nei campi (un momento molto drammatico) sono tutte parte di un lavoro che Eli compie con professionale insistenza. Fare la spia cambiando personalità è un lavoro di cesello, di lunga durata, i successi non ti devono eccitare, la paura non deve esistere, persino la proposta di al Hafez di diventare vicemininistro della difesa sono parte di un gioco che riguarda lo Stato, non te personalmente. Un understatment che si estende alla descrizione di una Siria che sappiamo molto fanatica: i siriani, i politici viziosi, i militari fanatici panarabisti, sono trattati nella serie con discrezione, senza esagerare. Al Hafez è persino carino.

Nel 1964 Eli durante una visita a casa disse che avrebbe voluto tornare: un ufficiale del controspionaggio cominciava a sorvergliarlo da vicino. Presto, fu scoperto. E qui viene trattata brevemente la tortura, la condanna senza processo e senza difesa, la ricerca da parte della moglie di un inutile aiuto internazionale. La Siria era furiosa e umiliata: la pazzesca bravata lasciò senza parole l'intera elite siriana che andava regolarmente a cena da lui. Come era stato possibile?

Questa domanda riguarda tutte le impossibili operazioni che Israele ha compiuto, per esempio la liberazione degli ostaggi di Entebbe, il rapimento di Eichmann, il furto

dell'intero archivio nucleare iraniano... Sono tutti risultati di un popolo che ha duemila anni e che ha subito ogni possibile persecuzione. La sua stessa sopravvivenza è un miracolo.

Eli Cohen ha dato il suo importante contributo.

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