"Dopo il successo di 'A casa tutti bene' spiego come stare meglio senza wi-fi"

Carolina Crescentini in 'Sconnessi': "Ora comunichiamo solo se isolati dalla Rete"

"Dopo il successo di 'A casa tutti bene' spiego come stare meglio senza wi-fi"

Posta l'ecografia della bimba che porta in grembo e va in tilt se il suo cellulare non ha campo. Eppure, scoprirà quant'è bello partorire in una casa di montagna, lontana dalla connessione col mondo, ma stretta ai suoi familiari. È Margherita tale maniaca della connessione, che Carolina Crescentini porta sullo schermo con Sconnessi, divertente commedia dell'esordiente Christian Marazziti (dal 22, giorno dello «#Sconnessiday», promosso dal Ministero della Salute in vista delle patologie da nomofobia, la paura di rimanere sconnessi dallo smartphone: ne soffre il 66% della popolazione).

Reduce dal successo di A casa tutti bene di Muccino, l'attrice ci parla da Napoli, dov'è sul set della serie tv I bastardi di Pizzofalcone. Unghie esagerate, boccoli biondi e calata romanesca, la sua ragazza di Torpignattara non sa stare senza wi-fi. E il marito scrittore (Fabrizio Bentivoglio) la punirà a fin di bene, sabotando il «router» della casa in cui trascorrono il week end con i loro cari.

Quale rapporto ha con la connessione continua, mania del momento?

«Per lavoro, non posso assentarmi molto: grazie alla rete, prenoto aerei al volo e trovo le strade, io che non ho senso dell'orientamento. Avendo molti amici all'estero, so tutto di loro grazie a Facebook, che mi mantiene in contatto con essi. Ma, nei momenti più preziosi, scelgo la modalità aereo: è bello sparire».

Viviamo in un'epoca in cui le donne di spettacolo dichiarano pubblicamente le loro malattie: che cosa pensa di tanta esposizione, in tv e sui social?

«E' una scelta individuale coraggiosa. Penso a Nadia Toffa e so che quando sei in ospedale, ci sono infinite barriere da superare. Una volta ho fatto una lettura, che riguardava sociologia pediatrica: i genitori dei bimbi malati provavano vergogna. Quindi è bene se una persona di spettacolo si espone. Può servire da esempio».

In Sconnessi, così come nel film di Muccino fa la parte d'una seconda moglie, diciamo nevrotica: scelta o caso?

«È un caso: non ho la maledizione della seconda moglie. Però con Bentivoglio mi è andata meglio che con Favino, che nel film di Muccino voleva buttarmi giù da una rupe».

Eppure, in Sconnessi, mentre partorisce tra i dolori dice al marito: «Mortacci tuoi, la prossima volta il figlio fattelo da te»

«La scena del parto è stata difficilissima: è durata 10 ore. Sul set c'era un'ostetrica che mi ha detto che ho sofferto più io d'una partoriente vera».

Girare con un veterano come Muccino e con un esordiente come Marazziti: quali differenze?

«Muccino non si accontenta. Ti strizza e questo piace molto a noi attori. Marazziti non pretende di dirigerti, ti lascia fare. Però è molto preparato. E in Trentino, dove abbiamo girato, le connessioni andavano via sul serio».

Paradossalmente, la sua famiglia si ritrova unita e comunica, appena rimane isolata in montagna. Per comunicare, bisogna sconnettersi?

«Paradossale, ma vero: comunichiamo, soltanto se isolati. Appartengo a una generazione che s'innamorava guardandosi negli occhi. Ai giovani, ora, nascosti dietro ai device, dico: metteteci la faccia».

Con il cantautore Francesco Motta, apparite uniti sui social: volete mettere su famiglia?

«Ci stiamo lavorando».

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