Il successo con Testori. Poi portò a Roma il suo teatro "milanese"

Lo scrittore la considerò sempre la migliore attrice italiana. Ma lei era anche un'autrice

Il successo con Testori. Poi portò a Roma il suo teatro "milanese"

Nata a Milano, morta a Roma. Basterebbe questo per definire un destino comune, un'epoca, un sogno. Figlia della ricca borghesia milanese e di padre ebreo, Franca Valeri assunse come propria tale condizione dopo le sofferenze che lei e la sua famiglia dovettero pagare al tempo delle leggi razziali. Il suo nome era un altro, Valeri le fu dato in onore, sembra, di Paul Valéry. E questo, vero o no che sia, dice molto.

Una Milano differente da quella di oggi la vide muovere i primi passi in un mondo culturale ricchissimo, tra editori, architetti di fama, fino all'esordio teatrale. La sua personalità era fin da subito di quelle che, dietro la patina dell'attore, presenta doti autoriali. Se ne accorse Giovanni Testori, che scrisse per lei il suo primo dramma rappresentato, Caterina di Dio (1960) per la regia di Missiroli, e in seguito La Maria Brasca. Testori, uno scrittore non precisamente popolare, ne parlò fino alla fine come della migliore attrice italiana.

Ma Franca Valeri non è stata precisamente un'attrice. È stata la portatrice di un mondo. Un mondo colto, raffinato, milanesissimo ma della Milano distinta, anni Cinquanta, che non si arricchisce con il boom economico, e lo guarda anzi con curiosità senza però lasciarsene incantare.

Così tra i due decenni Franca Valeri andò sviluppando i temi della sua fine ironia legandosi - come ha scritto Alberto Saibene - a modi e mood internazionali mentre la città si riempiva di cumenda e di sciure.

Che strana città, Milano! Sempre duale, sempre imprendibile, sempre anguilla. Anni Cinquanta ma anche Anni Sessanta, Motta ma anche Alemagna, Milan ma anche Inter, Jannacci ma anche Gaber. Capitale morale ma con ironia, senza troppo dichiarare ma feroce nel mandare a dire. Lieta nella necessità ma anche amara nella forza.

Franca Valeri non era solo teatro, e una volta migrata a Roma - dove con Vittorio Caprioli fondò l'innovativa compagnia de I Gobbi - portò con sé il suo mondo, facendolo interagire con quello di Alberto Sordi e di Totò, partecipando a tutta la stagione della commedia all'italiana, tanto nella fase gloriosa quanto in quella della decadenza.

Fu come il tentativo, sempre necessario e sempre fallito, di mettere insieme questo paese, facendolo nascere da quella commistione di culture, da quella pluralità di origini che è la sua peculiarità ma anche la sua debolezza: la Francia ha una capitale, e così la Spagna e l'Inghilterra, l'Italia no.

Furono in tanti, in quegli anni a calare su Roma, dove c'erano il cinema e la tv. Franca Valeri ci andò portandovi sempre la differenza che la caratterizzava. In tanti hanno scritto per lei, ma l'autrice era lei, perché autore è chi fa crescere, chi dà origine a qualcosa di nuovo.

E la sua novità, per la strana legge per cui una cosa veramente nuova lo è per sempre, è ancora davanti ai nostri occhi. Leggete i suoi scritti, andate su YouTube, spulciate le cineteche e andatela ad ammirare. Lei è ancora qui, e meno male.

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