Torna la "Primula rossa", l'eroe reazionario che beffava Robespierre

Così la baronessa Orczy inventò un personaggio che incarnasse i valori della nobiltà perseguitata

Torna la "Primula rossa", l'eroe reazionario che beffava Robespierre

Essere una «primula rossa». È diventata un'espressione praticamente proverbiale. E, di fatto, non è stupefacente, l'omonimo romanzo pubblicato dalla baronessa Emma Orczy nel 1905 è un vero classico della letteratura d'avventura.

Però è un classico pieno di sfumature, anche socio-politiche, che nelle moltissime edizioni per ragazzi o nelle riduzioni cinematografiche sono andate quasi tutte perse. Allora ben venga la ripubblicazione de La primula rossa appena fatta da Fazi (pagg. 308, euro 13). Il volume, non per niente scritto da una nobile e da una esule, ci presenta un eroe controrivoluzionario e che si oppone alla violenza giacobina. Se ci pensate, solo per questo, nella letteratura europea potrebbe essere considerato quasi un unicum. Se a ciò sommate il giudizio di un gigante del romanzo storico come Hilary Mantel - «Il segreto del successo di Emma Orczy sta tutto nella qualità vivida e cinematografica della sua scrittura» - si capisce subito che vale la pena di leggerlo. La trama della vicenda, seppur caratterizzata da complicate sciarade spionistiche, si può riassumere anche in forma stringata. Siamo nel 1792, la rivoluzione francese è al suo apice di violenza, le istanze liberali hanno lasciato il posto alla furia dei sanculotti e di Robespierre. La ghigliottina miete centinaia di vittime innocenti tra le famiglie degli ex nobili. Ma nel pieno del Terrore a Parigi si aggira una misteriosa figura. Un nobile inglese che si fa chiamare la Primula rossa fa fuggire dalla città (aiutato da una banda di venti membri) molti dei tapini condannati a sicura morte. Li fa espatriare in Inghilterra. Ma ad un certo punto gli sgherri del Terrore si mettono a dargli la caccia anche dall'altro lato della Manica...

Abbastanza per aver fatto dire a qualche critico che la Orczy è stata una vera antesignana del genere spy story e, per certi versi, degli eroi mascherati, come Zorro e Batman. Ma alla fine quello che risulta incredibilmente ben fatto è l'ordito, più che la trama. La violenza del popolino e il desiderio di sangue delle tricoteuses, il dibattito politico dell'epoca in Inghilterra, con il libertario Edmund Burke (1729-1797) che tuonava - lui che aveva difeso la ribellione dei coloni americani - contro la follia del nuovo regime francese, il dettaglio della vita comune sul finire del Settecento... La Orczy racconta tutto benissimo, dimostrando che una volta la qualità letteraria la faceva da padrona anche nell'intrattenimento. Ma c'è di più. C'è una vicinanza al tema che non si riesce a capire, se non si scandaglia un po' la vita di questa autrice (trascuratella in Italia). Emma Orczy (1865-1947) era nata in Ungheria, figlia del Barone Felix Orczy e della contessa Emma Wass. Crebbe nella tenuta di Tisza-Abad, che il padre, progressista, voleva trasformare in azienda modello, anche attraverso la costruzione di un mulino a vapore e di macchinari d'avanguardia. Ma queste innovazioni gettarono nel panico i braccianti locali. Il risultato fu una furente rivolta che sfociò in un disastroso incendio (appiccato alla tenuta il 22 luglio 1868). Questa devastante esperienza spinse il padre a lasciare le sue terre e poi anche l'Ungheria. Alla fine la famiglia trovò la pace nella accogliente Inghilterra. Come vedete il romanzo era già scritto nella biografia della scrittrice.

E forse per caso, forse no, il romanzo uscì nel 1905, proprio mentre nuove rivoluzioni, dalla Russia, e nuovi totalitarismi stavano iniziando ad avvicinarsi.

Del resto la Orczy al caso non credeva e ai giornalisti diceva così: «Mi è stata spesso posta la domanda: Ma come ti è venuta l'idea della Primula Rossa? E la mia risposta è sempre stata: È stata la volontà del Signore e a voi moderni, che forse non credete come credo io, dirò: nella catena della mia vita ci sono stati così tanti anelli, tutti incentrati nel portare a compimento il mio destino...».

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