La macchina era partita, con una classica «puntata zero» su TgCom24, a ottobre scorso: con la rubrica Fuorilegge Klaus Davi si era guadagnato, grazie a Paolo Liguori, uno spazio settimanale all'interno del programma Fatti e Misfatti. Successo immediato, perché non serve qui dire quale sia il fiuto di Liguori per la notizia. Sul web (con il suo canale YouTube KlausCondicio e fisicamente in strada) Davi si era costruito quello che definisce «il mio hobby». Parlare di mafie, intervistarne i boss, sollevare notizie scomode. Risultato: minacce più o meno velate, denunce. Con la Fase 2 da Coronavirus al via, in tv torna da martedì prossimo alle ore 13.30 e alle ore 20.30 Fuorilegge all'interno di Fatti e Misfatti.
Innanzitutto, perché definisce questa missione un hobby?
«Perché il mio lavoro è un altro. Sono consulente di comunicazione per alcune grandi aziende».
Ma il «Premio Borsellino» lo ha vinto per questo «hobby».
«Sì, una cosa che mi ha riempito di orgoglio».
Perché considera strategica la Fase 2?
«Le mafie stanno studiando con grande attenzione il nuovo fronte su cui ingrassare: il business Sanità».
Polemiche di questi giorni: i domiciliari ai boss in emergenza Coronavirus e le dichiarazioni a Non è l'Arena del magistrato Nino Di Matteo sulla mancata nomina alla guida del Dap.
«Lo scandalo è il primo caso: la liberazione di questi boss, e per di più il rispedirli nel loro territorio. Una vittoria della mafia. Questi personaggi venderanno questa concessione in termini di potere, e dal territorio organizzeranno la Fase 2. Mi chiedo cosa si sarebbe scritto se un provvedimento del genere lo avesse preso un governo Berlusconi. Sarebbe venuto giù il mondo».
E lo scontro tra Di Matteo e il ministro Bonafede?
«Non penso proprio che il ministro abbia subito condizionamenti illeciti da parte dei boss in carcere. Piuttosto, penso a pressioni istituzionali, di corridoio. La cosa ironica è che Di Matteo era un volto simbolico dei 5Stelle, un bello scontro interno non c'è che dire».
A Fuorilegge parlerete di Coronavirus e criminalità.
«Le mafie agiscono dove lo Stato manca e lascia spazi: gli scarsi provvedimenti del governo, i soldi che mancano, l'affidarsi al buon cuore delle banche. Tutta questa inefficienza burocratica è un chiaro aiuto alle cosche. Che i problemi della gente comune li risolve velocemente, anche se in modo illegale».
Qual è la missione delle sue inchieste?
«La grande stampa parla di mafia solo quando in campo ci sono implicazioni politiche. Ma del potere mafioso sul territorio, come a San Luca in Calabria dove sono consigliere comunale, o della presenza della criminalità legata al narcotraffico, come con i clan qui al Nord, si parla poco. E la criminalità agisce indisturbata».
Con KlausCondicio intervista i boss: come fa?
«Molte mie fonti vengono dalla criminalità. Tutto sta a ottenere informazioni da chi si sente ai margini. Come i perdenti della politica, anche quelli dei clan ti dicono cose. Per lamentarsi, per riprendersi spazio».
Paura?
«Quando sento quelli che si lamentano per le minacce ricevute su Facebook e sui social, sorrido. Quelle vere ti arrivano per altre vie».
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