"Vani d'ombra" da cui spiare la luce bianca della follia

"Vani d'ombra" da cui spiare la luce bianca della follia

Michele Maestri all'età di tredici anni vede e non vede: vede con il binocolo e poi dal buco della serratura, ed è la sua iniziazione di guardoncino con i pantaloni corti. E poi vede dal buco della serratura dell'armadio, dove la scena madre della sua vita gli vale come uccisione (psicologica, psichica, psichiatrica) del padre che tradisce la mamma con una donna di servizio. Stai lì, Michele Maestri, e non ti muovere e non fiatare, dice la ragazza. Stai punito.

E così sia. Da quell'armadio, Michele Maestri, anche all'età di diciassette anni, in vacanza al mare, e poi di venti, stessa spiaggia stesso mare ma come bagnino al servizio dello zio, e di 29 anni, con la fissa di fare l'occhialaio (per vedere e non vedere, ancora, nelle vite e addirittura negli occhi degli altri), e a 37 anni, con la stessa, identica bulimia di perversione figlia del divieto, non uscirà mai. Ce lo racconta dalla sua stanza che ha molto, troppo di bianco per non farci pensar male, per non indurci nella tentazione di vederlo (anche noi dal buco nella nostra serratura) ospedalizzato come caso clinico irreversibile.

Michele Maestri parla per bocca di Simone Innocenti in Vani d'ombra (Voland, pagg. 146, euro 15). Non è una confessione né un'accusa: è una descrizione, di ciò che ha visto e di ciò che ha creduto di vedere fra le gambe delle donne e dietro gli occhi dei suoi clienti, alle feste milanesi per ricchi depravati e sugli stradoni assolati della Versilia battuti in bicicletta, vent'anni prima. Il bianco è il colore della verità, del vuoto, il suo colore preferito che è un non-colore per una non-vita. «Ma nulla, nessuno vuole la verità come la voglio io, la bramo, verità bianca che viene a me e mi ascende».

Fra commedia all'italiana in bianco e nero e l'Eyes Wide Shut di Kubrick, fra l'Agostino di Moravia e un bollettino-lunario delle ossessioni, va in scena, nell'unico piano sequenza del suo suicidario rimuginare, la capitolazione di un uomo che diventa il proprio scheletro nel proprio armadio.

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