Elusivo, polemico e controverso, «un curioso miscuglio di insolenza e insicurezza», come scriveva di lui E. M. Forster, Wyndham Lewis (1882-1957) resta a tutt'oggi un enigma, un uomo che ha sempre sfidato le definizioni facili. Incisivo e non sentimentale, Lewis brandì la penna e i pennelli come lance in una battaglia che non si stancò mai di combattere neanche negli ultimi anni, ormai cieco. Un ribelle che al sentimento preferì sempre la satira e l'invettiva, il suo genio fu capito e amato da pochi, ignorato dai più e in Inghilterra ancora ostracizzato dall'establishment dell'arte.
A sessant'anni dalla morte dell'artista e nel centenario dei suoi dipinti della prima Guerra mondiale quando fu nominato artista ufficiale del conflitto, l'Imperial War Museum dedica al fondatore del Vorticismo un grande retrospettiva nella moderna sede di Manchester, l'elegante museo dell'architetto Daniel Libeskind simbolo della guerra, un globo frammentato e ricostruito in tre elementi intrecciati e sovrapposti a rappresentare i conflitti di terra, acqua e aria che non sarebbe dispiaciuto a Lewis, quando tornato nel 1919 auspicava una nuova architettura.
La mostra Wyndham Lewis: Life, Art, War all'Imperial War Museum North di Manchester (fino al 1 gennaio 2018), attingendo a numerose collezioni pubbliche e private nazionali e internazionali, presenta 160 opere corredate da libri, diari e pamphlet che illustrano l'immensa e sempre tormentata ricerca dell'artista. Dai primi disegni quando faceva parte dell'Omega Workshops di Roger Fry a Londra, alla successiva ricerca futurista e cubista con opere che si confrontavano con l'avanguardia europea, come Donna sorridente che sale le scale e la straordinaria Centaura del 1912. Gli anni dal 1913 al 1915 sono il periodo del suo intenso impegno con l'astrazione geometrica, lancia la turbolenta rivista Blast, fonda il Vorticismo, Ezra Pound ne coniò il termine. In forte antagonismo con le correnti dominanti in Inghilterra, con la sua rivista e il suo movimento attacca Roger Fry, critico di punta, e il postimpressionismo e condanna la cultura inglese, assopita in una rovinosa autoindulgenza incapace di affrontare la qualità rapidamente mutevole dell'esistenza contemporanea. Le sue opera di questi anni sono piene di quell'energia nuova che era nell'aria a Parigi, in Italia, in Russia e che in Inghilterra trovò eco di brevissima durata.
Alla luce dell'incomprensibile ostracismo inglese la mostra è un tentativo quasi eroico di riscattare l'artista da un ingiusto oblio, come confermano i curatori, Paul Edwards che da quarant'anni studia e cerca di spiegare il genio di Lewis e Richard Slocombe, il quale spera in una rivalutazione soprattutto dal pubblico dei giovani. Lewis era un uomo difficile, il Nemico -come si era definito nella rivista omonima da lui fondata- , che si creava molti nemici. E come scrisse T.S. Eliot, suo grande amico e estimatore: «Il suo lavoro fu persistentemente ignorato o svalutato, per tutta la vita, dalle persone influenti nel mondo dell'arte e delle lettere che non lo trovavano congeniale». Lewis non è classificabile, ci spiega Paul Edwards, è un pittore difficile, molto vario, e poi ci sono i suoi libri, i saggi i romanzi, la critica, la filosofia, la politica. Troppo. Eppure è un artista importante perché è diverso, la sua ricerca è sempre profonda, non si preoccupa di piacere. Se eliminiamo il nome di Lewis, dall'equazione, ribadisce Slocombe, dell'arte Britannica del XX secolo rimane ben poco.
Non va dimenticato che se Lewis fu un autore vulcanico e prolifico, egli fu pittore prima di scrittore e che fu dalla sua pittura che la sua prosa prese le mosse, quella prosa che gli valse la definizione di T.S. Eliot di «maestro supremo dello stile». Del resto nella rassegna è ricordata la lettera che nel 1940 scrive all'editore Leonard Amster: «La pittura è il mio lavoro. Molti dei miei libri sono semplicemente una protesta contro la civiltà anglosassone, che pone così tanti ostacoli sulla strada di un artista». Per Lewis l'Inghilterra era la «Siberia della mente», ma fu ammirato oltre che da Eliot da pittori come Augustus John, che si dimise dalla Royal Academy per solidarietà, e Walter Sickert. La sua opera ebbe una certa influenza anche su Henry Moore.
La mostra apre con due ritratti di Augustus John di Lewis ventenne, già intenso e tormentato, e dopo le sale dei dipinti astratti del Vortiismo in cui emerge The Crowd del 1914 uno studio sulla psicologia della folla, entriamo nel mondo della Guerra dove si impone il grande dipinto Battery Shelled del 1919, un'opera inquietante che fonde l'esperienza e la testimonianza della guerra la cui composizione sente l'eco della Flagellazione di Piero della Francesca. Più tardi, nel 1936 dipinge un'altra opera altrettanto incisiva, The surrender of Barcelona una sorta di omaggio alla Resa di Breda di Velasquez. E nel 1937 L'Armada, che è un dipinto straordinario, riprende il suo interesse per la pittura storica. Fra i due periodi ci sono altri studi travolgenti e disegni metafisici sull'incertezza della vita, in cui emerge la sua ammirazione per De Chrico e Picasso, mentre dipinti quasi sereni come Bagdad del 1927 sembrano ricalcare antiche utopie.
Nella sezione «Amici e nemici e altre scimmie», i primi autoritratti e ritratti come quello di Ezra Pound sono esemplari della sua tecnica espressiva giocata sulla linea, mentre più raffinati quelli dei tardi anni Trenta rivelano l'eco dei manieristi, Bronzino e Pontormo.
Assieme ai vari personaggi che dipinse, da Edith Sitwell a Stephen Spender, troviamo il suggestivo Ritratto in rosso della moglie Froanna e il ritratto di T.S. Eliot del 1938, il più compiuto dei suoi lavori e il più contestato, rifiutato dalla Royal Academy per la Summer Exhibition perché ritenuto non ortodosso e ora nella pinacoteca di Durban in Sud Africa.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.