Era l'estate del 1975, cinque anni dopo il grande happening milanese dei Nuovi Realisti che aveva messo gioiosamente a soqquadro la città. L'artista Daniel Spoerri, uno dei capostipiti del movimento fondato da Pierre Restany, era in abiti da chef pronto a servire la cena ai dodici tavoli imbanditi nella galleria di Gino Di Maggio in via Tadino. L'editore milanese Giampaolo Prearo ha un ricordo netto di quella serata-performance di cui era un convitato, e che si era conclusa con l'«intrappolamento» dei tavoli e dei loro residui da parte dell'artista rumeno, che così li consacrava in opere d'arte in puro stile Nouveau Realisme. «Ogni tavolo, a cui sedevano collezionisti, artisti e critici milanesi, rappresentava uno dei dodici segni zodiacali - ricorda Prearo - e il mio era il segno del cancro. Avrei pagato qualunque cifra per averlo, ma non ci fu nulla da fare: le dodici opere rimasero al lungimirante Di Maggio...». É questo solo uno dei tanti aneddoti che legano a Milano il maestro appena scomparso, e che oggi viene ricordato in una mostra alla galleria Gaburro. «Quello che vedete non è nè cibo nè arte» è il titolo dell'esposizione curata da Matteo Scabeni che focalizza interessanti dialoghi tra il maestro e virtuali discepoli contemporanei - Iain Andrews, Leda Bourgogne, Nebojsa Despotovic e Malte Zenses - proprio sulla simbologia della tavola nella sua accezione di nutrimento e ritualità quotidiana. Per Spoerri, che oltre ad essere artista e scrittore era anche un valentissimo cuoco, la «eat art» aveva un carattere quasi liturgico nell'atto performativo in cui «congelava» l'unicità del pasto in assemblages, vere e proprie tavolate verticali. Emblematica è l'opera al centro della mostra di Milano: si intitola «Le Trésor despaures Los Machos», ed è un inedito assemblaggio di oggetti su un tappeto che raffigura l'Ultima cena di Leonardo. Proprio come gli altri suoi compagni di viaggio (tra cui Jean Tinguely e Niki de Saint Phalle, casualmente anch'essi in mostra all'Hangar Bicocca e al Mudec), anche Spoerri sposò per tutta la vita l'idea di mettere in mostra un «realismo nuovo» che non si preoccupasse di imitare la realtà ma di rappresentarla in tutta la sua estetica al di là di ogni esigenza funzionale. Milano, per una strana alchimia, fu un palcoscenico privilegiato per questi artisti - tra cui figuravano anche Yves Klein, Arman, Cèsar, Dufrêne, Hains, Raysse, Villeglé e Rotella - malgrado gravitassero tutti su Parigi dove il movimento era nato. Memorabile fu quel 27 novembre del 1970 in cui l'intero gruppo, capitanato dal critico Pierre Restany e da Guido Le Noci, direttore della galleria Apollinaire, celebrarono a Milano il decennale e la fine del movimento.
Per l'occasione, Spoerri concepì un'«Ultima cena» al ristorante Biffi in Galleria, in cui offrì ad ognuno dei membri del gruppo la sua "specialità" sotto una forma culinaria. Il menù, in nero e a caratteri d'argento, graficamente concepito come un manifesto di condoglianze, è stato l'ultimo documento firmato dai Nouveau Réalistes.
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