A Baldwin Hills, sobborgo di Los Angeles, anno 1932, venne costruito il primo, vero, Villaggio olimpico. A Barra, sobborgo di Rio, potrebbe essere stato realizzato l'ultimo. Oddio. Proprio realizzato no, perché non è stato ancora ultimato. Però con un po' di fantasia potremmo pensare che sia stato terminato. Rio 2016, fuga dal Villaggio olimpico. L'istituzione e il sogno decoubertiniano tremano dalle fondamenta. Se non sarà l'ultimo, sarà certamente riveduto e corretto. Il simbolo più decantato dello spirito olimpico, dopo il colore dei cinque cerchi, vacilla perché gli atleti più importanti hanno capito che non sono venuti qui a fare comparsate nelle batterie per raccontare poi per tutta la vita che, sì, loro sono ex atleti olimpici e hanno preso parte a una o più edizioni dei Giochi. I campioni vogliono vincere ed essere ricordati come olimpionici, non olimpici. E per vincere devono concentrarsi. E per concentrarsi non devono avere atleti rompipalle attorno che ogni tre per due gli chiedano autografi e selfie. Da più parti è stato segnalato come il povero Bolt, eroico in tal senso, dopo aver firmato un migliaio di autografi, abbia incaricato un solerte uomo tuttofare della spedizione giamaicana di andargli a prendere un tv da piazzare nella spartana cameretta del villaggio. Meglio chiuso lì dentro, telecomando in mano, che con il pennarellone per firmare ad ogni metro tute, berretti, foto.
Stefano Morini, allenatore di Gabriele Detti e Gregorio Paltrinieri sta da giorni proteggendo i suoi ragazzi come neppure il Louvre con la Gioconda: "Piuttosto che si distraggano li tengo in camera con me...". Gregorio, che domenica è atteso alla gara della vita nei 1500 stile e dato per favorito da mezzo mondo, è per gli stessi motivi giunto al villaggio solo da un paio di giorni. Avesse potuto sarebbe rimasto ancora lontano. Ma doveva prendere confidenza con la piscina olimpica. Per cui gli è toccato arrivare: "E mi piace davvero, è ottima" spiega in questa lunga vigilia carioca. "E mi ha impressionato il pubblico, il suo calore. Però il villaggio è davvero spartano. Diciamo che sembra un richiamo a quel senso di sacrificio che noi tutti atleti dobbiamo sentire addosso. Oggi, rispetto a quattro anni fa, so però come evitare le trappole. Perché qui ci sarebbe di che perdersi tra gli eventi collaterali e l'emozione nell'incrociare i grandi campioni che hai sempre creduto irraggiungibili e che invece all'improvviso ti ritrovi davanti. Ecco perché sto vivendo l'avvicinamento alla gara evitando ogni tipo di distrazione e concentrandomi solo sull'allenamento e su come potranno essere i miei 1500".
Ancora più estrema Tania Cagnotto, che come Paltrinieri gareggerà domenica. Lei mezza missione l'ha già portata a termine: argento nel sincro tre metri con Francesca Dallapé. Ora però arriva la sua gara, il 3 metri individuale: "È vero, il villaggio rende diversa tutta l'esperienza olimpica, lo so bene. Ma il contorno fa distrarre. In passato, le prime volte, mi piaceva vivere questa atmosfera. Ora no, adesso non posso permettermi errori. Devo pensare solo a me stessa. Per questo sono felice di aver preso un appartamento fuori". Anche il triplista Fabrizio Donato e alcuni pallavolisti non hanno preso casa al villaggio come Tania che aggiunge: "In fondo aiuta: mi fa dimenticare di essere ai Giochi". Il che, vien da sé, deve essere di grande soddisfazione per il barone De Coubertin.
Sapere cioè che tutti coloro che hanno precise e concrete ambizioni di medaglia, prima di conquistarla hanno un solo obiettivo: evitare le insidie del villaggio e possibilmente dimenticare di essere alle olimpiadi. Molto bene.
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