Addio Maria Teresa, la signora della Formula 1

La De Filippis tenne testa ad Ascari e Castellotti. E se avesse avuto le macchine di oggi...

La verità è che quando Maria Teresa De Filippis, morta ieri a 89 anni, è entrata nel mondo delle grandi corse, prima donna-pilota della Formula 1, anche se non dei grand prix, eravamo tutti ammirati e affascinati, chissà, forse anche segretamente innamorati, perché rappresentava il simbolo della femminilità al volante di una grossa e potente monoposto, all'apice dell'automobilismo. Lei così minuta, così bella, simpatica, di grande classe, portava una nota di gentilezza unica. E richiamava inevitabilmente l'eterna credenza che il gentil sesso non potesse competere con il sesso forte nello sport rude e di coraggio dei 300 all'ora. Sempre con sonore smentite. «Io sono un pilotino» mi diceva con grande modestia, anche quando si era fatta una fama notevole con le vetture Sport di piccola e media cilindrata, in competizioni severissime, come la Targa Florio o le classiche di durata, più volte campionessa d'Italia. Bastava vederla al volante della Maserati 2.500 per esserne turbati. E mi fece una speciale confidenza, quando, con una di queste monoposto del tridente, fece la sua apparizione al Gran Premio di Siracusa: non chiedetemi che anno fosse, perché la mia memoria a volte può vacillare, ma sicuramente erano i primi anni Cinquanta, con Ascari e Castellotti. Lei diceva abitualmente di aver tanto appreso da Musso, anche in Formula 1; quella volta, però, non riusciva a fare i tempi e rischiava di non qualificarsi, per le difficoltà di quel circuito. Allora, nelle ultime prove, proprio Ascari e Castellotti le fecero una proposta: «Noi adesso partiamo adagio e poi aumentiamo progressivamente: seguici, per vedere dove freniamo». Quanto coraggio, questo pilotino! Con un grazioso sorriso, ringraziava e si metteva in scia ai campioni della Formula 1 di allora. In pochi giri progrediva e si qualificava. Poi, mi confessò: «Dove vanno a frenare quelli, è pazzesco. Io non riuscirò mai a fare i loro tempi, non solo perché la mia Maserati privata è meno potente». Invece, si era tanto avvicinata. Questione di temperamento, di coraggio, di intelligenza, di forza di volontà.

Macché femminilità: se Maria Teresa avesse vissuto la sua esperienza ai giorni nostri, con vetture di Formula 1 tanto facilitate dall'elettronica e dalla robotizzazione, sarebbe riuscita subito vittoriosa e avrebbe sfatato tante leggende infondate.

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