Per l'argento di squadra era lì a bordo della pedana della Bercy Arena a tifare. Ieri, invece, stava tornando da un week end. Vanessa Ferrari, classe 1990, epico argento a Tokyo al corpo libero, fa prove generali di normalità: lei che la storia della ginnastica artistica l'ha scritta fin da giovanissima, è stata fermata dall'ennesimo infortunio a un passo da Parigi 2024 e sa che il testimone deve passare alle colleghe. Ieri è stata la giornata giusta per cominciare a farlo, con il primo oro assoluto della ginnastica azzurra: «Questa squadra è fortissima, l'oro europeo lo dimostra. In team sono state quasi perfette e penso siano ormai campionesse anche nel gestire gare così lunghe dove lo stress si insinua nella confidenza e bisogna mantenere il corpo pronto».
Vanessa, credeva anche in una doppia medaglia individuale di Alice e Manila?
«Sono medaglie meritatissime e diverse: Alice è alla seconda esperienza olimpica, ha fatto tutto benissimo alla trave. Manila è al debutto e c'erano più aspettative su di lei per la medaglia europea. Credo che ormai abbiano preso consapevolezza del loro valore».
Biles si può battere
«L'avevo battuta anche io a Tokyo nelle qualifiche. I suoi esercizi hanno un livello così alto di difficoltà che se pecca solo di sbavature è difficile che il punteggio scenda molto. Però una caduta lo è per tutte, tranne forse che per la cinese Zhou, che è riuscita a mantenere il secondo posto nella trave!».
Guardandole le sue colleghe ha pensato: potevo essere li?
«Onestamente sì, ma devo farmi forza oltre alla delusione di questo ennesimo infortunio last minute. Penso al livello del corpo libero e se fossi stata bene, al di là dell'esercizio che stavo preparando e anche solo riproponendo le difficoltà del programma di Tokyo, avrei potuto giocarmela».
No, per un attimo guardiamo ancora indietro: la strada alle sue compagne l'ha spianata lei
«Alle Olimpiadi direi di no per la sfortunata! Però vincendo un mondiale a 16 anni, ho dato una mano».
Era il 2006, le sue compagne erano bimbe o non ancora nate
«Non avevo una palestra, giravo l'Italia per trovare le strutture dove allenarmi. Ora abbiamo un centro, tutto è più facile anche logisticamente e l'accesso a tante finali da parte di molte ragazze lo dimostra. Forse sì dai, ho contribuito alla nascita di un sistema».
E ora guardiamo avanti, prego.
«La delusione per Parigi è meno amara grazie ai miei progetti: il mio brand di abbigliamento sportivo e l'accademia di ginnastica per bimbe. Con l'Esercito, poi, troverò la mia strada».
Fare l'allenatrice?
«Direi di sì perché mi piace, direi di no, o almeno non subito, perché mi sento ancora in pedana. Ma la ginnastica resta la mia vita».
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