"Allenare la mente per gestire il ritorno dei tifosi"

Gli stadi riaprono, il mental coach Tavoletti: "Riecco fischi o applausi, serve capacità di reazione"

"Allenare la mente per gestire il ritorno dei tifosi"

Non è ancora un via libera totale, ma nell'aria aleggia quella piacevole sensazione di ritorno all'antico. Il rumore della gente, i colori sugli spalti, i vecchi rituali del tifoso. Con la Serie A è un abbraccio dopo una lunga astinenza: si comincia nel segno della prudenza e una capienza (in zona bianca) al 50 per cento, con i posti scacchiera, previo possesso del green pass. Qualcuno spera sia solo il primo passo verso la riapertura totale, ma quello con i tifosi si preannuncia un altro calcio e si porterà dietro un riverbero sulle condizioni psicologiche di chi andrà in campo, quasi disabituato a giocare in presenza.

Lo conferma anche Stefano Tavoletti, mental coach nel mondo del calcio professionistico da quasi quindici anni con diversi atleti di A e B: «Dipenderà molto dalla reazione del singolo. C'è chi ha bisogno del pubblico per caricarsi e chi soffre questo fattore esterno. Un programma di allenamento mentale serve a non essere in balia degli eventi, a favorire il cosiddetto stato di flow, dove tutto fluisce e gira bene secondo pensieri positivi. Questo può aiutare anche a reagire dopo un gol sbagliato o rispetto ai fischi». Tra i principali campionati continentali, quello italiano è l'ultimo a ricominciare mentre altrove sono ripartite, adottando la capienza piena, Premier League in Inghilterra e Ligue 1 in Francia. A quell'obiettivo punta anche la Spagna, seppur la decisione spetti alle singole autorità locali. Freno a mano tirato invece in Germania (50% della capienza e un massimo di 25 mila spettatori), così come in Olanda (due terzi dei posti disponibili) e Portogallo (il 33% dei seggiolini).

Un impianto pieno può risvegliare anche ricordi ed emozioni pregresse, come spiegato da Tavoletti: «Se la mente si focalizza su un determinato episodio del passato, per esempio un rigore sbagliato o la contestazione del pubblico, si verificano dei sabotaggi rispetto all'attenzione del singolo. Un calciatore è pronto mentalmente quando sa affrontare ogni variabile: si chiama capacità di giocare in presenza mentale, performando al meglio nonostante i fattori esterni». Come sempre il ruolo più delicato spetta al portiere, l'uomo solo per eccellenza in uno sport di squadra: «Il portiere passa gran parte del tempo da solo e a palla lontana può perdersi nei pensieri o, ancor peggio, rimuginare sul suo operato.

Il centrocampista invece è favorito dal fatto di poter gestire il ritmo, ancor più rispetto all'attaccante, che invece deve essere istintivo e pensare il meno possibile. La mentalità d'acciaio non è un dono per tutti, ma essere allenati non solo fisicamente aiuta nelle situazioni più delicate».

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