Un anno senza Astori con un miracolo

Per un momento ha unito tutti gli stadi, illudendoci di essere migliori

Un anno senza Astori con un miracolo

Un volto sorridente è comparso al minuto 13 dagli schermi, più o meno grandi, più o meno luminosi, degli stadi (che li hanno). Davide Astori ha guardato tutti dall'alto non certo con alterigia, non era da lui. Guardava dall'alto perché Lassù, in un luogo migliore di questo, ora ha il suo domicilio. Guardava giù come volesse gettare un occhio su noi tutti e vedere cosa facevamo, se in questo anno avevamo fatto passi avanti nel renderci più civili. Non dev'essere rimasto contento. Nelle partite delle squadre dove ha giocato, al minuto 13 la palla è finita fuori e i giocatori si sono fermati, applaudendo, tutti convinti di quello che, a un anno, oggi 4 marzo, dall'assurda e inconcepibile scomparsa del capitano della Fiorentina, hanno scritto Anna e Renato Astori, i suoi genitori: Per noi Davide NON E' UN RICORDO che si attua o si riaccende a seconda delle circostanze, semplicemente perché Davide non è un ricordo: Davide è una PRESENZA.

Una presenza. Tra gli applausi, tra la commozione di chi l'ha conosciuto, spiccano le lacrime di Josip Ilicic. L'attaccante dell'Atalanta pensava all'amico scomparso, pensava alla paura di andarsene che lo ha ghermito nell'estate del 2018 per una grave infezione. Lo stadio di Bergamo è stato quello più toccato dal ricordo, perché c'era la sua ultima squadra, la Fiorentina, e perché Davide veniva da San Giovanni Bianco, piccolo comune della Val Brembana. Da lì era partito, costruendo la sua vita, le sue amicizie, il suo modo di essere. «Di lui ti potevi fidare», lo ha descritto l'ex compagno Luca Rossettini con cui andavano a pescare a Cagliari.

Un anno fa ha terminato la sua esistenza in vita a Udine, ma non ha lasciato un vuoto, come proseguono i genitori, bensì l'eredita più preziosa che si possa desiderare: un amore infinito. Quello della gente per lui, quello di Davide per la gente, ma soprattutto quello di Davide per la vita. Continuate a ricordarlo. Rivederlo sorridere in una foto, osservarlo correre nelle immagini, sentirlo nei vostri aneddoti non ci fa soffrire: per noi è come RIABBRACCIARLO ogni volta.

E il ricordo è stato incredibile, spontaneo, toccante. Talmente speciale che vorremmo rivedere quella gentilezza, quel modo di trattare il prossimo, quell'umanità, a ogni partita.

Astori è riuscito in un piccolo miracolo, renderci migliori per un minuto. Per cui dovremmo ricordarlo al minuto 13, 26, 39 e via così. Dovremmo ricordarlo ogni domenica per essere come lui. Uno stimolo, un esempio. Per fare del calcio un posto migliore.

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