Oh, gliele hanno date con due tiri in porta in sei minuti, ma così belli che Leo si è messo a piangere e di incredibile c'è solo la pochezza dei campioni d'America. Scaloni ha dato la colpa al caldo, come Mazzarri lo diede alla pioggia, ha detto anche che comunque c'è tempo, quello che non ha avuto per preparare questo esordio, insomma ha scaricato. Ma finito il primo tempo con i suoi in vantaggio l'idea che si faceva largo era che questi sauditi con Messi in formazione vincono il Mondiale. Esagerato ma Al Buraikan e fratelli correvano come cavalli e non sbagliavano mai. Tranquilli, nel secondo tempo scoppiano, non reggono, infatti al terzo e al nono della ripresa due gol fantastici per preparazione ed esecuzione con Emiliano Martinez che si tuffa e vola senza prenderla. Sul primo la colpa se la prende Romero in sala da ballo, sul secondo De Paul e Paredes al planetario a masticare pop corn. Reazione zero, solo possesso e poche vere occasioni, la migliore capita a Otamendi nel primo minuto di recupero respinto di testa da Al Amri sulla riga. Una palla buona l'ha avuta anche Tagliafico, c'ha pensato Al Owais.
Eppure sembrava proprio tutto facile, le scommesse tutte sul numero di gol che i sudamericani avrebbero segnato, in effetti oltre al rigore di Messi ne hanno fatti altri tre, uno di Leo e due di Lautaro, belli ma tutti in fuorigioco, complice la difesa molto alta preparata dal ct francese Renard, scelta da brividi che ha funzionato. Nella loro trequarti molta massa, complicato per Paredes e De Paul costruire qualcosa, gente in mezzo ai piedi, massimo un tocco di prima ma entrambi in giornata da fantasmini con le catene alle caviglie. Adesso la Juventus pensa che l'argentino sia il caso di piazzarlo da qualche parte e a Udine se la ridono, uno basso e l'altro più alto dovevano innescare Di Maria e Lautaro ma sempre lenti nella verticalizzazione con il solo risultato di servirli quando ormai erano in off side. Di Maria un po' meglio in fascia ma ne scarti uno, due, tre, miracolo, poi crolli sfinito e te la portano via. Messi un caso a parte. Renard ha deciso di non marcarlo a uomo per non stravolgere il suo 4-4-2 e scombussolare le linee, inutile farlo, Leo girava come suo solito palla al piede e veniva affrontato solo quando arrivava in zona pericolosa da due, anche tre sauditi tonici e desiderosi di abbatterlo, cinque cartellini gialli, l'ultimo a Al Owais protagonista negli ultimi minuti quando l'Argentina era tutta sbilanciata in avanti e caricava furiosa.
Adesso Scaloni se le prende tutte, la sua meraviglia era imbattuta da 36 partite, il record del Mancio resiste. Ma questi sauditi giocano, eccome, sarà anche calcio anni Sessanta ma come lo interpretano bene, mai un pallone buttato, rapidi e invisibili, pronti a dare una mano, ottimi fondamentali anche sullo stretto con colpi di tacco, brevi nei movimenti, vincenti negli stacchi aerei, e quando l'azione finisce nei loro venti metri commoventi. La paura che si trasforma in energia, takle decisi, palla o gamba, raddoppi, ne salti uno, ne trovi due.
Messi ha segnato su rigore il suo primo gol in una fase finale del Mondiale, un altro tolto per fuori gioco netto, una punizione in tribuna e un colpo di testa che Al Owais ha bloccato a due mani in una sfida che pareva dovesse finire solo quando l'Argentina riusciva a pareggiare. Ma Messi non è Maradona. Viene in mente Italia '90 quando nella partita di esordio a Milano contro il Camerun l'Argentina campione del mondo perde e El Pibe fa: Tranquilli, si va in finale. Vero, altri tempi.
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