Montesilvano - Il tempo medica tutto, soprattutto il cuore dei corridori, abituati a spostare più in là i brutti pensieri. Per Chris Froome e Fabio Aru il giorno dopo è una nuova aurora. I loro volti sono più sereni e distesi. Anche le parole sono cariche di speranze. Campo Imperatore è lontano, così come questi primi dieci giorni di Giro passati in archivio. «Lo Zoncolan l'ho provato, e ho verificato la durezza di questa tappa ha spiegato ieri mattina il fuoriclasse inglese -. Certo, avevo immaginato un inizio ben diverso, ma capita di trovarsi a rimediare a situazioni negative. Sullo Zoncolan c'è terreno per poter inventarsi qualcosa, ma non è l'unica tappa difficile in questo finale di Giro».
Froome parla volentieri con la stampa internazionale, alternando l'inglese all'italiano. «Se ho mai pensato di fare bagagli e tornare a casa? Assolutamente no. Non mi ha mai sfiorato l'idea», dice nella nostra lingua.
Anche Aru ha assorbito la brutta giornata, e guarda al futuro con moderato ottimismo. «Domenica a Campo Imperatore ho vissuto una giornata molto difficile ha detto prima di uscire in bicicletta per una sgambata -, ma le somme le tireremo a Roma, assieme alla squadra: è inutile affrettare le conclusioni. In due week-end di Giro d'Italia possono accadere tante cose e verificarsi veri ribaltamenti: 2'36" di ritardo dalla maglia rosa non è poco, ma nemmeno un'eternità. Ne sono convinto, non è ancora finita».
Oggi si torna a
pedalare: 10ª tappa, frazione per attaccanti. Da Penne a Gualdo Tadino, 239 km. Quella di oggi è la tappa più lunga della corsa rosa, difficile che le squadre dei velocisti riescano a controllare una frazione così nervosa.
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