Da Wembley a Windsor Park, i cugini poveri del Regno Unito vendicano i cugini di Londra e ridimensionano brutalmente l'Italia. Roberto Mancini si agita a dismisura, mai così nervoso in panchina, eppure dall'altra parte c'è solo la piccola Irlanda del Nord squadra numero 58 del ranking Fifa, insomma una formazione che farebbe fatica ad entrare persino nel supermondiale a quarantotto squadre sognato da Infantino. Il fatto è che con l'attacco leggero e il falso nueve tanto amato dai tecnici futuristi si fa fatica a passare persino davanti a onesti difensori come quelli dell'Ulster. Il ct si affida al trio Berardi-Insigne-Chiesa e i risultati in partenza sono scadenti: un tempo sprecato a cercare soluzioni, a sbagliare l'ultimo passaggio, a gettare al vento le pochissime occasioni create. Lorenzo Insigne è il simbolo di questa sterilità che alla lunga sarà fatale: è il napoletano a trovarsi sui piedi la palla più appetitosa, ma dopo essersi liberato davanti al portiere la appoggia tra le mani di Peacock-Farrell.
Disperazione in panchina e affanno che cresce tra gli azzurri. Solo la Svizzera, bloccata a sua volta sullo 0-0 per 45 minuiti, continua a farci sperare. Perché se dobbiamo affidarci solo a quello che si vede in campo a Belfast c'è seriamente da preoccuparsi. Anche per i playoff che dovremo affrontare. D'altra parte si sa che è un'Italia senza attaccanti, che ha saputo vincere un Europeo grazie al gioco, ma che non può aggrapparsi nei momenti di necessità a un Lewandowski o a un Cristiano Ronaldo. Ma nemmeno a un Toni o a un Gilardino per restare ai nostri centravanti più recenti.
E' un'Italia in cui i bomber degli ultimi tempi sono un terzino (Di Lorenzo) e un ragazzino ancora inaffidabile (Kean), mentre gli ultimi gol pesanti restano quelli di Federico Chiesa che risalgono all'Europeo. E a Belfast anche l'uomo che ha sempre risolto tanti problemi a Mancini non è in serata. Insigne invece si muove, va a cercare palloni dovunque, ci mette anche l'anima per risolvere la situazione, ma ne cava solo un diagonale fuori misura all'inizio della ripresa. L'Italia non è il Napoli, ma qui non si può chiedere a lui di fare l'Osimhen.
Dopo un'ora di vani assalti il ct butta dentro Belotti, l'unico che pur con tutti i suoi limiti attuali può fare il nueve verdadero. E Insigne può tornare a giocare al suo posto. Finchè Mancini non lo richiama per far posto a Bernardeschi. Ma la situazione non cambia. Anzi, cambia in peggio, visto che la Svizzera trova quello che a noi manca e fa salire l'ansia da prestazione degli azzurri tra i canti crudeli della gente dell'Ulster che gode a tenere in scacco i campioni d'Europa. Già, ma come sono lontani i tempi dei trionfi di Wembley...
Nella fatale Belfast, invece, dove l'Italia non ha mai vinto, riaffiorano tutti i fantasmi del passato, nello stesso stadio che nel '58 ci costò la sconfitta in Irlanda del Nord e un posto ai mondiali svedesi. Allora scaricarono tutte le colpe sugli oriundi, Ghiggia, Schiaffino, Montuori, Da Costa, questa volta ce la prenderemo con Jorginho ed Emerson?
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