Tanto tuonò che piovve. E pioverà, probabilmente, anche oggi, per il debutto del Bologna in Champions League, prima partita nella massima coppa europea dal 1964, quel primo turno sfortunato in tutti i sensi, dato che i rossoblu furono eliminati dall'Anderlecht solo alla monetina dopo il doppio incontro finito pari, lo 0-0 a Barcellona nello spareggio e un primo lancio col soldo da 25 pesetas che si era conficcato verticale nell'erba. Il tuono e la pioggia sono anche una metafora del clima attuale attorno alla squadra: grigio, cupo, con pericolo di rovesci, squarciato solo a tratti da momenti di esaltazione per la novità in arrivo.
Un inizio di campionato molto difficile, una partita, sabato a Como, giocata in maniera faticosa e salvata da una rimonta finale, un eAAAffetto-Champions che si è spento con la quasi inevitabile partenza di giocatori importanti come Zirkzee e Calafiori e dell'allenatore Thiago Motta, apparentemente non sostituiti. Apparentemente, sì: perché soprattutto sulla figura di Vincenzo Italiano i giudizi sono spaccati in maniera non omogenea tra chi chiede, con razionalità e logica, che gli venga permesso di lavorare e di non sentirsi un ripiego e chi, vocalmente più appariscente, sostiene che il tecnico ex Fiorentina non sia in grado di gestire un'eredità pesante e una squadra che mescola artefici dell'eccelso 2023-24, partiti in alcuni casi in maniera spenta, e nuovi che si trovano proiettati in Champions prima ancora di essersi ambientati.
Il pessimismo non esclusivo e dominante ma vistoso torna, e a Bologna non è pratica inedita, al passato e lo usa come riferimento: e allora c'è chi pensa che lo slancio sia in parte finito al 53' di Bologna-Juventus, 20 maggio, prima partita in casa dopo la conferma di un posto in Champions: in quel momento Calafiori (a proposito di nostalgie) segnò il 3-0, rea agli occhi bolognesi di una lunga serie di ingiustizie compresa una all'andata, e il Dall'Ara sembrò toccare il cielo con un dito per l'ennesima volta in una stagione clamorosa, ma la rimonta bianconera spense l'atmosfera.
Attenzione, dunque: pessimismo, non inusuale per una città che oscilla tra il sopravvalutarsi e il non credere a se stessa, a seconda degli impegni e degli ambiti, e attesa febbrile, quella dei tantissimi tifosi che sui social e in radio non
intervengono, non piagnucolano, non criticano e non vedono l'ora di infilarsi la sciarpa e ascoltare l'inno della Champions, atteso, anzi neppure immaginato, per tanti anni. E pazienza se, proprio da quest'anno, l'inno è diverso.
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