La scena madre di ieri sera durante l'inaugurazione della finale di Berlino - con Giorgio Chiellini, campione d'Europa in carica, che restituisce la coppa conquistata 3 anni prima a Wembley - procura a noi tutti un misto fra tristezza e malinconia.
La spiegazione è sotto gli occhi di tutti: in tre anni, invece di compiere qualche passo avanti, il calcio italiano è retrocesso di molte posizioni passando dal titolo continentale all'eliminazione agli ottavi di finale, pur avendo reclutato qualche esponente della nuova generazione (Bastoni, Fagioli, Frattesi, Calafiori, Scamacca) reduce da un campionato molto brillante.
Le elezioni federali fissate per il 4 novembre prossimo non possono nascondere la scadenza azzurra di settembre quando Spalletti e i suoi dovranno debuttare in Nations league preparandosi alle qualificazioni per il mondiale da non bucare assolutamente.
E poiché l'appuntamento è domani mattina dobbiamo ricordare quali sono, prim'ancora di cominciare, i due nodi da sciogliere. Nello specifico si tratta di sapere che bisogna ricucire un rapporto sfilacciato da un paio di episodi non proprio gradevolissimi.
Il primo: uscito dall'europeo senza lode e con perfidi giudizi sul proprio operato, il ct rilasciò una dichiarazione che di sicuro non è piaciuta allo spogliatoio (il «fuggi fuggi» quando si è parlato dei rigoristi).
Il secondo: Bastoni mise un like su un post di Instagram che teorizzava l'errore capitale commesso, e cioè «aver schierato gli interisti nel ruolo sbagliato. Si può ricominciare con questi precedenti? Certo che no.
Da parte sua, forse, Spalletti ha il dovere di accettare meglio il ruolo del selezionatore abbandonando quello creativo di allenatore. Ne soffrirono ai tempi anche Sacchi e Conte, prima di lui. Basta arrendersi alla realtà.
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