Inter-Napoli, una notte senza Thu-La, insulti al fantasma dell'ex Lukaku

Calha show, poi sbaglia il rigore dopo 19 segnati

Inter-Napoli, una notte senza Thu-La, insulti al fantasma dell'ex Lukaku
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L'ultimo è sempre il più importante, ma questo lo era davvero: valeva sorpasso e primato e invece dopo 19 rigori calciati e sempre segnati con la maglia dell'Inter, Hakan Calhanoglu sbatte sul palo le speranze di Inzaghi, di uno stadio e di un popolo incredulo.

Molti sono bravi e lui lo è, ma nessuno è infallibile, e del resto lo stesso Calha dal dischetto aveva già sbagliato nemmeno un mese fa, in Nazionale (5 gli errori in carriera, 2 con la Turchia e 3 col Leverkusen). In Italia mai, nemmeno col Milan. È l'inedito che costa il primato all'Inter, capita. Ci saranno altre occasioni. E dire che sembrava la sua notte, già aveva segnato la sventola del pareggio, qualche istante prima del riposo. C'era tutto per la copertina dell'eroe, invece alla fine restano i rimpianti, che classifica non fanno. Un pareggio al fosforo, questione di cervello più che di muscoli. Aspetti i bomber e invece spuntano i registi. Calha dopo McTominay; uno a uno e palla al centro, anzi tutti a casa.

C'era una volta la LuLa, sappiamo com'è finita. Ieri fratelli di Inter, oggi nemmeno si parlano. Solito saluto stiracchiato in mezzo al campo, poi l'eclissi è pressoché totale per entrambi. Per Lukaku tanti insulti, molti fischi, qualche calcio dall'ex amico Acerbi e pochi palloni veramente buoni da giocare. Il migliore glielo dà per sbaglio proprio Calhanoglu, verso la fine del primo tempo e col Napoli già avanti di un gol. Acerbi salva tutto e tutti in scivolata su Kvara: Inzaghi dal 2-0, il turco dall'errore clamoroso e il pubblico interista dalla beffa più tremenda.

Nell'Inter di Conte, Lukaku era la freccia che lanciava il contropiede e squarciava le difese. Nel Napoli pare un centroboa stile pallanuoto piuttosto che un pivot del basket, spalle sempre o quasi alla porta, difficile girarsi e ripartire. Potrà sembrare strano, ma è come se proprio il suo maestro non riuscisse a sfruttare le sue doti. Oppure no, forse è lui che quello spunto ormai ha smarrito. Esce a testa alta, sceglie di prendersi in faccia anche l'ultimo coro di insulti.

Per Lautaro un'altra serata come tante in questa stagione, un'altra partita a lungo anonima, un tiraccio alto a metà del primo tempo, qualche corsa, molto meno efficaci di un anno fa, e tante proteste, di quelle che non fanno grande onore a un capitano.

Finora va così, e non sembra nemmeno che i gol tanto attesi e infine arrivati (l'ultimo, decisivo col Venezia) siano serviti a sbloccarlo, come sempre si dice di un bomber prima a digiuno.

A vedere il Lautaro di quest'anno, c'è qualcuno che può immaginare si sia appena lamentato per essere finito dietro Haaland e Mbappé nella classifica del Pallone d'Oro?

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