Per vincere l'oro a Rio è prima necessario affrontare una Dakar. E possibilmente arrivare in fondo. Perché non avevamo capito niente. Gara dura da scalatori, si era detto; tracciato selettivo di duecentoquarantuno chilometri composto da due circuiti, si era scritto; e tante belle cose da vedere all'arrivo di Copacabana e però tante cose faticose da fare prima, era stata l'analisi sommaria e conclusiva. Sì, tutto vero. Ma anche sì, tutto sbagliato. Perché ci eravamo dimenticati questo: visto come si è costretti ad allenarsi a Rio de Janeiro, è già una vittoria per gli azzurri, ma anche per tutti gli altri, arrivare integri a domani, ore 14 e 30 in Italia, giorno della gara su strada.
Appuntamento fuori dal villaggio olimpico. Ct Davide Cassani ha detto sì, portiamoci in ammiraglia un paio di intrusi. Vincenzo Nibali ha appena terminato un festival di toccaferro istituzionali. È proprio il caso di dirlo. Il premier Renzi giunto per l'alzabandiera in tuta come il figlioletto ha pensato bene di dire una cosa leggera leggera come "io mi aspetto di vedere una medaglia prima di partire e visto che decollo sabato sera... ehhhh" si è girato verso Nibali. Il campione ha abbozzato una smorfia poco istituzionale e deciso, da lì a poco, di andare a cambiarsi, montare svelto in bici e correre a fare la Dakar pur di non pensare all'intero Paese appena piombatogli in spalla.
Il raid andato in scena ieri, ma anche nei giorni prima e possibilmente oggi, è quello che Vincenzo Nibali, Fabio Aru, Damiano Caruso, Diego Rosa e Alessandro De Marchi, i nostri cinque ragazzi, affrontano per rifinire la preparazione lungo il tracciato. Ovviamente aperto al traffico che però è il traffico di Rio, per cui ci siamo capiti. "È vero, ci sono troppe auto, ma lamentiamoci poi, ora prepariamoci" butta lì ct Cassani parlando con Paolo Slongo, l'allenatore di Nibali, che guida l'ammiraglia. In effetti non c'è tempo per parlare molto, bisogna allenarsi, mandare tutto a mente e schivare autobus e schivare persone che si buttano in strada all'ultimo pur di attraversare.
La rifinitura degli azzurri è cadenzata da una serie di urla. Cassani sta giusto spiegando che "tutti indicano in Valverde il rivale più pericoloso, ma è un'Olimpiade, ce ne sono tanti, occhio...", sta giusto sollevando una questione non secondaria "per esempio Froome, nessuno lo considera perchè ha detto che la sua gara è la cronometro... nell'87 Roche disse che pensava ad altro e vinse il Mondiale" quando all'improvviso, da oltre i finestrini, si sente un poderoso oohhhh...". Sono i nostri azzurri che hanno appena evitato un autobus e, come dire, segnalano in portoghese stretto tutto il loro disappunto all'autista. Ancora. "Vincenzo durante l'ultimo Tour - si toglie un sassolino dalla scarpa Paolo Slongo - ha patito le critiche ricevute. Eppure era stato chiaro fin da inizio stagione, aveva detto che l'obiettivo sarebbe stata l'Olimpiade e che si sarebbe preparato per quella. Cosa doveva fare di più che dirlo? Quando Wiggins annunciò che non avrebbe corso il Tour per dedicarsi alla Roubaix fu esaltato per la sua scelta. Vincenzo no. Doveva essere pronto anche in Francia. Però vi dico questo: tutto quello che dovevamo fare per portarlo qui al top della forma è stato fatto. La corrispondenza tra il programma pianificato e i risultati c'è tutta. Ecco perché a inizio Tour è arrivato poco in forma... avevamo calcolato che la forma fosse al massimo per Rio". "Per Vincenzo l'oro olimpico vale più di un mondiale e poi quando ha visto il tipo di tracciato..." taglia corto il ct, mentre un altro "ooohhhhhh" arriva da fuori. Stavolta è stata una signora con bimbo a tentare di abbattere i nostri.
Si sale, si sale. "E questo è tutto gratis, è omaggio" sorride Cassani. Siamo nel pieno dello strappo di Joa, pendenza 10%, che collega simpaticamente i due circuiti del tracciato, il primo, Gumari, lungo il mare, più facile, un paio di strappi e pavé. E il secondo, chiamiamolo pure Ghisallo extralarge, di Canoas e Vista Chinesa, "sì è davvero più duro del Ghisallo" precisa il ct. In cima allo strappo, per i nostri, pipì con vista Ipanema, Copacabana, acqua, barrette, selfie con i tifosi locali "perchè è così tutti i giorni, alla gente di Rio gli italiani piacciono" spiega Cassani, e subito via che si riparte. Qualche istante dopo Aru affianca l'ammiraglia, fa segno di tirare giù il finestrino e sporge una monetina al ct, "ecco, prendila, tienila tu".
L'ha trovata per terra durante una sosta. "Si vede che per lui ora è un portafortuna... non l'aveva mai fatto... chissà come mai...". Oddio, con il carico da quaranta del discorso di Renzi nel villaggio olimpico, meglio non trascurare nessun dettaglio.
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