Londra - Ora il più ingrato dei benserviti non è più così scontato. Perché dopo il trionfo di Monaco Roman Abramovich non può liquidare a cuor leggero un vincente come Roberto Di Matteo. Capace in 10 settimane di trasformare un progetto fallimentare (vedi l’arrivo di André Villas-Boas) nella stagione più esaltante dei 107 anni di storia del Chelsea. Due coppe, prima la Fa Cup, sabato la Champions League. Un double stupefacente che spariglia le carte circa il nome del prossimo manager dei Blues. Di Matteo resta ad interim, e le candidature di Fabio Capello e Laurent Blanc sono autorevoli.
Ma qualcosa trapela dallo Stamford Bridge da dove ieri è partita la consueta parata celebrativa. Oltre 100mila persone si sono riversate per le strade di Fulham. Un bagno di folla al quale ha voluto partecipare lui solitamente così riservato- anche lo stesso Abramovich. Vicino a lui, Di Matteo, al quale il magnate russo aveva riservato un lungo e caloroso abbraccio appena dopo la vittoria contro il Bayern Monaco. Se tre giorni fa pareva certo l’addio di Di Matteo, per far spazio ad un allenatoredimaggiore esperienza internazionale, ora lo scenario appare mutato. Ad ammetterlo è stato il presidente del Chelsea, Bruce Buck: «E’ certamente nella rosa dei possibili allenatori per la prossima stagione. Ha fatto un lavoro straordinario e verrà sicuramente tenuto in considerazione perché è riuscito a tirare fuori il meglio dalla squadra». Lo confermano i numeri: 13 vittorie in 21 partite (62% di successi). Come non bastasse, ha garantito per lui anche Roberto Mancini, fresco vincitore della Premier. «Di Matteo ha compiuto una grande impresa: gli allenatori italiani si sono fatti valere».
Quando Di Matteo è stato promosso manager, lo scorso marzo, il Chelsea era una squadra allo sbando. Che aveva appena perso malamente a Napoli e in campionato rimediato l’ennesima figuraccia sul campo del West Bromwich. Scelto dopo il nome di Rafa Benitez che non se la sentiva di firmare un contratto di tre mesi, Di Matteo è subentrato al giovane tecnico portoghese in punta dei piedi. Restituendo fiducia e motivazioni ad uno spogliatoio che rischiava di smarrire i suoi leader storici dopo il rimescolamento voluto da Villas Boas. Ripristinate le antiche gerarchie, è stato ripagato proprio dai suoi senatori: Petr Cech, JohnTerry, Frank Lampard. Masoprattutto Didier Drogba, l’uomo delle finali. In otto anni con la maglia del-Chelsea l’attaccante ivoriano ha segnato 9 gol in altrettante finali, una sola persa.E anche all’Allianz Arena è stato decisivo. Mettendo a segno l'ottava rete di questa stagione europea ( sei partite) ma soprattutto realizzando il rigore decisivo.
La firma sul trionfo più atteso prima del probabile addio. Perché se per Di Matteo c’è ancora qualche possibilità di ripensamento, il futuro di Drogba appare lontano da Londra. A 34 anni pretende un biennale, ma il Chelsea gli offrirà un accordo per 12 mesi. Ecco allora che c’è pronta la pensione dorata di Shanghai dove raggiungerà un vecchio amico, Nicolas Anelka. Quattro anni fa, nella sfortunata finale di Mosca, si era fatto espellere. In Germania ha coronato gli otto anni con il Chelsea confermandosi “Re Leone”. Il suo tempo in Premier è scaduto, lo sa. E lo sa anche Abramovich che, dopo aver speso circa 2,5 miliardi di euro per arrivare sul tetto d’Europa, si prepara ad un’altra estate di spese folli. Perché nonostante l'esaltante finale di stagione, i Blues sono una squadra da rifondare. Possibili partenti anche Salomon Kalou, Florent Malouda e forse anche Fernando Torres che, alla vigilia della finale, ha avuto un acceso battibecco con Di Matteo quando ha saputo che non sarebbe stato titolare. Si è sentito tradito, così come quando il tecnico italiano lo ha tenuto fuori dalla cinquina dei rigoristi nonostante avesse dato la sua disponibilità a calciare.
Ha già fissato un incontro con la società: qualora Di Matteo restasse chiederà di essere ceduto.L’unico che sul volo di rientro dalla Germania avesse il muso lungo. Il calciatore più costoso nella storia del calcio inglese non può accettare un ruolo da comprimario. Nella mestizia dell’Allianz Arena il più provato è, comunque, apparso Arjen Robben, sempre più 'il perdente nelle grandi finali'. Fatale il suo errore dagli 11 metri nei tempi di recupero. Come decisivo era stato un altro rigore fallito una settimana fa nella finale di Coppa di Germania.
Così dopo la Champions sfumata contro Inter, e il mondiale perso contro la Spagna, l’olandese colleziona l’ennesima delusione. Ma in compenso ha permesso a Drogba, Didì per tutti, di esaltare la sua fantasia e quella di chi già lo vorrebbe vincitore del Pallone d’oro.
In effetti i suoi sono stati palloni d’oro in questa Champions. Cartoline da Monaco, dove il Chelsea è diventata la prima squadra londinese a salire sul tetto d'Europa, la quinta inglese, certificando il suo ingresso nel gotha del calcio mondiale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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