L'ironia noir brilla sull'oro di Rigi...

È di colore ma scherza su razzismo e disabilità

L'ironia noir brilla sull'oro di Rigi...
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Nella storia elettrizzante della - presunta - «simpatica intervista» rilasciata alla Rai da Rigivan Ganrshamoorthy (che da qui in poi, per ragioni di spazio, chiameremo sinteticamente «Rigi», come fanno i suoi amici ndr) il cortocircuito è evidente: roba da fulminare tanto gli esaltatori di Rigi, quanto i suoi detrattori; tutti vittime dell'approccio imprudente ai fili scoperti tesi tra il colore della pelle e la disabilità: due tabù ad altissima tensione. Premessa: chi è Rigi? Si tratta del campione paralimpico (25 anni, italiano, cresciuto a Dragonara da famiglia originaria dello Sri Lanka) che ha appena vinto l'oro a Parigi nella finale del lancio del disco maschile centrando il record del mondo con 27,06 m. Un'impresa eccezionale. Rigi è affetto dalla sindrome di Guillain-Barré, aggravata da una lesione cervicale. Ma Rigi ama da sempre lo sport e non vuole rinunciarci, inizia a praticare l'atletica leggera specializzandosi nei lanci. Allenamenti no stop per diventare il numero a uno al mondo. Ce la fa. Fin qui la parabola «normale» di un «qualsiasi» campione paralimpico. Roba da poco... Invece Rigi diventa, inopinatamente, un «fenomeno sociale» (e social). Motivo? L'intervista «a caldo» dell'inviata Rai che pone all'azzurro una serie di domande standard sull'oro appena conquistato; Rigi replica con risposte altrettanto standard (anzi, al disotto dello standard).

E allora da dove nasce la viralità del video cliccato sul web da milioni di utenti? Dal fatto che Rigi piazza (per giunta con marcata inflessione romanesca) due battute «noir»: «Questo mondo sta cominciando a piacerle di più?», gli

chiede la giornalista. E lui: «Ma sì dai, forse un po' troppi disabili». Infine: «Ho dovuto salutare la mia compagna Alice perché se no ritornavo a Roma e me faceva bianco de schiaffi...».

Il podio è suo. Clic. Black out.

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