L e statistiche bisogna leggerle, interpretarle. Cristiano Ronaldo, nella sua ultima avventura di Champions League con il Real Madrid, nelle prime sette partite europee aveva segnato 11 gol, invece in questo anno sociale con la Juventus solo uno, bello e inutile, con il Manchester United fu Mourinho, che alla fine vinse e rispose per le rime, anzi per le orecchie ai tifosi bianconeri che l'avevano insultato per tutta la serata. Ma i gol bisogna farli al momento giusto, tanti o pochi, servono quelli che ti fanno raggiungere un risultato, che ti fanno tagliare un traguardo. Così CR7 ricompare al momento giusto, anzi, prima ancora della partita, passa da un compagno all'altro, per tutti a una parola, una pacca sulla spalla, un incitamento, forse spiega anche, in poche parole, con uno sguardo, che cosa è la Champions, come si vince. È il Re e la Juventus lo segue.
Poi fa esplodere lo stadio con il gol del vantaggio, il primo squillo della rimonta. Ronaldo c'è, è lo specialista della Champions, segna di testa, saltando più in altro di tutti su cross di Bernardeschi e non regala all'Allianz Stadium la sua solita esultanza, non punta i piedi, non mostra i muscoli, ma corre a centrocampo, chiama il popolo al sostegno, alla vicinanza. È il Ronaldo che ti aspetti, è il Ronaldo eroe solitario e compagno di strada che vorresti, anche dopo l'intervallo, prima di rientrare in campo continua ad avere una parola, un'abbraccio, prende la testa di Pjanic tra le mani, incita Bernardeschi, poi spiega all'arbitro Kuipers che il gol che ha annullato a Chiellini era buono. Se non avesse fischiato il suo fallo, la Juventus avrebbe chiuso il primo tempo in vantaggio 2-0, avrebbe già colmato lo svantaggio accumulato nella sfortunata serata del Wanda. Ma non c'è problema, riecco Ronaldo, il giocatore, il campione, il fenomeno. Un altro cross, questa volta di Cancelo e un altro colpo di testa. Oblak respinge, grande parata, ma il grande fratello tecnologico vigila, la palla è entrata.
La rimonta è compiuta. Ma come si fa a discutere un calciatore così, ma come si fa a perdersi nei birignao di chi fa i conti in tasca a uno così. Cristiano Ronaldo non è autoreferenziale, non brilla solo lui, fa brillare anche gli altri. Quelle pacche, quegli abbracci, quelle teste prese tra le mani, quelle parole, spingono anche gli altri. Emre Can, Bernardeschi, tutti seguono il leader.
Il calcio non è una scienza esatta, Ronaldo non può vincere la Champions da solo, però in questa serata, in questa notte dimostra chi è, dimostra tutto il suo carisma. Una partita credibile, non incredibile. Tre gol segna Ronaldo, tripletta quando serve. Da commozione pura, da versare qualche lacrima perché quando lo sport arriva a queste vette si può anche lasciarsi andare. Di sicuro piange Georgina in tribuna.
Ma non ricorderemo solo la sua tripletta, ma anche la sua prestazione.
Questa partita Ronaldo aveva cominciato a giocarla quel giorno del 2018 quando segnò la rovesciata antologica che aveva strappato allo stadio un applauso che raramente si dedica a un avversario. Sono tornati i giorni del Re. È Ronaldo il signore della Champions. E questa volta le uova le indica lui.
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