Vedere Prandelli dimettersi subito dopo la sconfitta dell'Italia contro l'Uruguay, che ha portato all'eliminazione della squadra azzurra dai Mondiali, ha fatto di colpo riemergere il ricordo di quanto promesso dal tecnico 4 anni fa, al suo arrivo sulla panchina italiana.
Gioco d'attacco e possesso palla erano i suoi principi, piuttosto innovativi per una Nazionale che, nel corso della sua storia, ha fatto delle ripartenze la sua arma migliore. Prandelli ha dichiarato di volersi dimettere per il fallimento del progetto tecnico, assumendosene tutta la responsabilità ma, con il passare delle ore sono emersi dei retroscena che indicano una motivazione diversa sulla sua decisione. Sembra, infatti, che siano stati i "senatori" della squadra, da De Rossi a Buffon, da Pirlo a Chiellini, a spingere il tecnico verso l'addio.
Soprattutto le critiche fatte dal giocatore romanista e dal portierone azzurro in merito al alcuni membri del gruppo, Balotelli e Cassano in primis, sono apparse agli occhi di Prandelli come una sorta di delegittimazione del suo ruolo. Oltretutto, invece di un confronto diretto negli spogliatoi, ha assistito a dichiarazioni fatte direttamente alla stampa, sintomo di un gruppo ormai sul punto di sgretolarsi.
Lo zoccolo duro dello spogliatoio non è stato convinto nemmeno da un paio di scelte fatte dal tecnico in vista del Mondiale; in particolare, la decisione di convocare Fantantonio, inviso ai più dopo alcuni suoi comportamenti un paio di anni fa e la scelta di Mangaratiba come sede del ritiro, di difficile accesso per i tifosi. Anche le scelte fatte nel corso delle partite, come l'impiego contemporaneo di Verratti e Pirlo, ha fatto storcere il naso a Pirlo stesso, poco abituato a dover limitare il suo campo d'azione. Queste le vere ragioni di un addio tanto rapido quanto inaspetttato?
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