De Boer separato in panca nell'Inter a tre anime

Il tecnico sfida il Toro sapendo di non avere futuro. E vuole meno giocatori ma più italiani

De Boer separato in panca nell'Inter a tre anime

Sbagliare è umano, perseverare è catastrofico», il pensiero di Trapattoni fa da specchio ai traumi che l'Inter si porta appresso da tre anni abbondanti. La crisi attuale ha radici antiche. E a questa realtà si aggrappa De Boer per restare avvinghiato, come l'edera, alla panchina. Lui è convinto di avere lo spogliatoio in pugno e la fiducia della società: «In Suning sapevano che la situazione era difficile sotto tanti aspetti», il ritornello ripetuto fino alla noia. Può essere. Ma si ha la sensazione, se non la certezza, che l'olandese sia ancora al suo posto per la mancanza di chiarezza in seno al club dalle tre anime: da una parte il proprietario vero, Jindong Zhang; dall'altra Erik Thohir, il presidente in uscita; dall'altra ancora Massimo Moratti che sui destini della società a lui cara fa un passo avanti e uno indietro. Toccherà al fondatore di Suning decidere questa volta dopo che Thohir ha scelto gli ultimi due allenatori: Mancini su consiglio di Moratti, De Boer su indicazione di Joorabchian, l'agente iraniano. Un flop dietro l'altro. Sarebbe sconcertante se l'indonesiano, in arrivo oggi da Giacarta, volesse ancora mettere bocca su una scelta che sfugge alla sua competenza.

L'Inter sta pagando a caro prezzo la lontananza, fisica e morale, della proprietà. E' lo stesso malanno di cui soffre la Roma da quando è finita nelle mani di Pallotta, l'americano. Per la legge consolidata del calcio, un club funziona solo se il padrone, alias presidente, è presente in ogni momento, pronto a prendere le decisioni che contano. Come quella su De Boer. Nella Juventus di Giovanni e Umberto Agnelli, Boniperti governava con autorità e credibilità. Oggi Andrea Agnelli fa il presidente a tutto tondo. Ai tempi belli del Milan, Berlusconi curava ogni particolare: famosi i dialoghi notturni, e non solo, con Sacchi e Capello. La navicella dell'Inter non ha un timoniere. Su questo deve intervenire la nuova proprietà ponendo a capo del club un uomo competente e con l'autonomia per decidere. Altrimenti il valzer di giocatori e allenatori proseguirà all'infinito.

Nei colloqui avuti con Ausilio e Gardini, De Boer s'è trovato d'accordo su due punti: sfoltire la rosa e italianizzarla, fin dal mercato di gennaio. Ma è difficile, per non dire improbabile, che spetti a lui questo compito. A meno che dia il via stasera ad un filotto di vittorie in campionato e in Europa League, impreziosito da un gioco almeno decente. Visti i precedenti, l'obbiettivo appare miracolistico. Il Torino poi è il cliente peggiore.

E allora via al toto allenatore che prevede i nomi di troppi tecnici senza la minima conoscenza del calcio italiano. Nelle ultime ore ha preso quota Leonardo, nel cuore di Moratti, per il fatto che potrebbe portare ad Appiano Gentile Verratti e Thiago Silva nella finestra invernale. Meglio allora prenderlo come uomo mercato anche perché non allena da tanto tempo.

Ma, nel caso, che fine farebbe Ausilio? Solo un esempio per sottolineare come la confusione regni sovrana in un club dalle tante anime, che ha bisogno, in primis, di avere un uomo solo al comando. Resta una domanda. Ma a chi chiederanno consiglio Zhang padre e figlio? A Lippi che in Cina è un monumento? Ancora un interrogativo.

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