Non sono tutti Luis De la Fuente: ovvero un ct venuto da scala e sottoscala del calcio giovanile. Ma che ci sa fare. Ha occhio e tatto calcistico, conosce i giovani, rimescola al meglio la rosa ed ha vinto trofei con tutte le nazionali costruite e ammaestrate: dagli Under fino ai campioni d'Europa. Facile solo a dirsi. Il pensiero nostro corre a Bearzot e, perché no?, a Valcareggi. Aggiungiamo un pizzico di Vicini, un revival su Cesare Maldini e tracciamo una riga su Gigi Di Biagio durato lo spazio di un mesetto. Questa era l'Italia dei ct fatti in casa, tecnici cresciuti dalle retrovie, abituati al lavoro del selezionatore. Valcareggi e Bearzot plasmarono una grande Italia.
Il tifoso nostrano, disorientato dalle ultime nefandezze, si chiederà: perché non riprovare con i tecnici federali? Innanzitutto bisogna avere il coraggio di rischiare altre figuracce. E, comunque, servono buoni calciatori. L'Italia dei ct fatti in casa abbandonò la via per affidarsi ad Arrigo Sacchi: investimento, anche economico, di notevole portata. Sacchi arrivò alla finale mondiale, peccato che la nazionale perse contro il peggior Brasile della storia. Però, a moda lanciata, non si guardò più indietro. Oggi le selezioni giovanili sono dotate di validi ct, ma nessuno ha vinto così tanto da godere di fiducia incondizionata.
Direte: anche Bearzot. Vero, ma ora il calcio è più difficile da gestire. La Figc cerca una linea tecnica comune.
Solo i successi aiutano a costruire un credibile ct.Il talento non si inventa. Serve buon materiale: in panca e in campo. L'Italia non ha tempo per attendere. Per assurdo, solo un altro flop potrebbe mandarla alla svolta.
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