Ormai il Motomondiale è come il Far West. È un teatro di duelli all'ultimo sangue, stile western all'italiana dove i cowboy (piloti), regolano i conti l'uno contro l'altro. E' persino difficile stabilire chi sia il buono, il brutto o il cattivo di turno...
Senza uno sceriffo (la Direzione di Gara) all'altezza che sappia far rispettare la legge, ogni weekend di gare si tramuta nel caos più totale. Dura lex, sed lex («La legge è dura, ma è legge») scriveva Socrate. Per questo andrebbe applicata. E rispettata. Nessuno escluso. Altrimenti, senza norme uguali per tutti, quanto è accaduto a Termas de Rio Hondo è la logica conseguenza.
Di fronte a una delle pagine più brutte e tristi scritte nel romanzo del Motomondiale non ce ne voglia il vincitore del weekend, l'inglese Cal Crutchlow - non si può stare zitti. Domenica, si è superato il limite della decenza. Occorre chiarezza. Se c'è un regolamento scritto, perché non viene rispettato? Perché viene concesso a Marc Marquez, dopo che lo spagnolo aveva spento la propria moto, di ripartire, come se nulla fosse, dalla griglia come gli altri ventitré piloti? Eppure alla Direzione Gara bastava sbandierare una bandiera nera e il gioco era bello che finito. Invece no. Come si suol dire, the show must go on. E diciamolo pure: il disordine fa audience, rende lo spettacolo ancora più... Uno show. Ma, va detto, non si può giocare con la pelle dei piloti. Ne va della credibilità di questo meraviglioso mondo delle due ruote.
«Marquez fa quello che vuole, è pericoloso, distrugge lo sport», sono toni forti quelli usati da Valentino contro lo spagnolo, uno sfogo che è apparso esagerato, tant'è che il pesarese ha raccontato di avere «paura di Marquez». Senza dimenticare tutte quelle volte in cui la Direzione di Gara ha chiuso un occhio, come in occasione della «spallata» a Gibernau a Jerez nel 2005, del sorpasso sul «Cavatappi» a Laguna Seca nel 2008 su Stoner o, sempre a Jerez, ma nel 2011, quando ostacolò sempre il «povero» Casey.
L'amministratore delegato della Dorna, Carmelo Ezpeleta se ne lava le mani: «Tutti abbiamo visto quello che è successo. I giudici hanno deciso e io non entro nel merito della decisione», mentre è polemica anche tra Aleix Espargarò e Danilo Petrucci. «Sanzionare Marquez è giusto! Però Petrucci mi ha colpito più forte e nessuno lo ha sanzionato. Abbiamo mille telecamere e non servono a niente! Questo è un male!», ha scritto lo spagnolo. Ma la storia del motociclismo è piena di episodi che ancora oggi, tra gli altri quel ride through a Biaggi nel '98 quando il romano era in lizza per il titolo, lasciano perplessità e dubbi. Il problema di fondo, limpido come l'acqua, è che la MotoGp si è trasformata in un circo nel quale tutto è ammesso e concesso, dove non c'è mai la certezza della pena. Come se il fattaccio del 2015 di Sepang, non avesse insegnato nulla. «La Direzione Gara si preoccupi della sicurezza di tutti» è il consiglio di Dani Pedrosa, col polso acciaccato dopo essere stato disarcionato dalla sua Honda per colpa della sciagurata manovra di sorpasso di Zarco.
Per carità, ha certamente ragione Giacomo Agostini, leggenda delle due ruote, quando a Radio 24, analizzando quanto accaduto in Argentina, dice: «Il nostro sport è anche questo. In F1 è uguale, si buttano fuori, si tamponano». Ancora: «Marquez squalificato? Perché vale per Marquez e non per gli altri? Non deve essere squalificato, è stato già punito in gara.
Se squalifichiamo ogni volta, allora non corriamo più, lasciamoli a casa tutti».Siccome però, questi funamboli delle due ruote, rischiano la vita a trecento all'ora e non si sentono tutelati, allora è evidente che c'è qualcosa che non va. Così facendo, si rovina uno show senza eguali. Peccato.
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