Vabbè, d'altronde Nick Kyrgios è così: capace di fare e disfare, di litigare con se stesso con gli altri facendo diventare una montagna una partita iniziata in discesa. Così ecco che Novak Djokovic vince il suo settimo Wimbledon (4-6, 6-3, 6-4, 7-6 il risultato della finale), nonché il suo ventunesimo Slam, e tutto a scartamento ridotto. Il suo successo peggiore insomma, in un Wimbledon davvero bruttarello, nel quale gli inglesi hanno visto vincere una moscovita tra le donne e il grande No Vax tra gli uomini, che si è preso pure la rivincita sugli australiani che a gennaio l'avevano escluso dal primo slam della stagione. Un torneo mortificato dal bando contro i russi e bielorussi, cloroformizzato dalla mancata assegnazione di punti per il ranking, animato solo da qualche sprazzo qua e là. La maggior parte dei quali, c'è da dirlo, per merito di Nick. Ovviamente però non è bastato, neanche a lui, anche se alla fama di bad boy finalmente ha saputo aggiungere, arrivando in fondo, anche quella del campione.
E insomma onore a Novak, che tra infortuni (degli altri), Covid (Berrettini, che rimpianto...), squalifiche appunto e reprimende allo specchio, ha saputo tenere la barra dritta pur costruendosi un piccolo record personale: quello di aver vinto il torneo dovendo rimontare la partita sia nei quarti che in semifinale e finale. Un Djokovic sempre sicuro di sé, a cui è bastato offrire il solito tennis intelligente e di resistenza per non avere poi troppi problemi. Ma onore anche all'australiano un po' matto, quello che serve da sotto, gioca colpi tra le gambe, discute col suo angolo tra un punto e l'altro, si prende il solito warning per oscenità. E che poi è lo stesso che portava la spesa agli anziani durante la pandemia o che lascia a aperto il suo telefono a chiunque abbia bisogno di un amico per guarire quella depressione che lo portò quasi al suicidio. «Adesso io e il mio team abbiamo bisogno di un po' di vacanza, ma sono felice» dice alla fine Kyrgios, con Djokovic che lo consola: «Tu tornerai qui, in finale dico. E non credevo che avrei detto cose così carine di te...». Annunciando l'ufficiale «fratellanza» di cui Nick ha parlato alla vigilia.
Così va a finire che la cosa più divertente della doppia settimana sull'erba è la cena promessa tra i due col patto che il conto sarebbe andato al perdente. Come sempre ha vinto Nole, ma il tennis ha capito che per fortuna serve anche uno come Nick. E magari un Wimbledon migliore.
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