Effetto Jacobs, la 4x100 fa sognare in finale. Gli Usa ko dopo i veleni

Marcell, portabandiera domenica, trascina la staffetta. Americani choc: fuori dalla finale

Effetto Jacobs, la 4x100 fa sognare in finale. Gli Usa ko dopo i veleni

Cerchiamo una magia in un pomeriggio d'agosto. Cerchiamo una staffetta per un podio illuminati da un record italiano, da quattro belle facce viste in semifinale, da un amuleto che poi sarebbe il campione olimpico dei 100 metri e dall'idea che si è fatto Filippo Tortu, il ragazzo della speranza con il quale cavalcare gli ultimi 100 metri: «Giusto non porsi limiti». Cerchiamo la magia dalla staffetta 4x100 che ieri ha fatto prove da gran finale.

Prima volta sotto il muro dei 38 secondi, primato italiano da gran spolvero (3795), che dice quarto tempo fra tutti i finalisti (prima Giamaica, poi Cina e Canada appaiate da un 3792), miglior tempo europeo dell'anno e quinto di sempre. Mica male. Cavalchiamo aggrappati al made in Sardegna di Lorenzo Patta da Oristano e Filippo Tortu di genitore sardo con radici a Tempio, i più giovani della compagnia, 21 e 23 anni. Il primo e l'ultimo a lanciare la sfida: parte Patta, conclude Tortu. E la Sardegna non vuole essere gold solo nel marchio dei suoi vini migliori. Nel mezzo la strapotenza di Marcellone Jacobs e l'indomita perseveranza di Fausto Desalu. Come dire, ecco l'idea della globalizzazione perfetta: un italiano nato a El Paso, Texas, e un ragazzo nato a Casalmaggiore con radici nigeriane.

Ieri i quattro sono filati via, spalla a spalla, con Cina e Canada e con il De Grasse campione olimpico dei 200 metri a metter sotto la corsa di Tortu. «Ma possiamo fare meglio», ha raccontato Filippo. «Siamo tra i più bravi per giocarcela, e abbiamo provato cambi in sicurezza». Caldo, umidità, pressione tutto pesa e peserà in questa sera giapponese che per noi saranno le 15,50 del pomeriggio. Forza ragazzi! Liberate la testa e lasciate correre gambe e cuore. Giamaica, Cina, Canada, Gran Bretagna, Germania, Giappone, Ghana le altre damigelle: diciamo 3 podi per 5 pretendenti. Jacobs si porterà dietro la medaglia d'oro con la quale va a dormire. «E ogni tanto la guardo». Chissà non ispiri tutti. Desalu continuerà nei silenzi scaramantici. C'è un'Italia che vorrebbe dire a Mennea, Berruti e a tutti quanti ci hanno provato negli ultimi sessanta anni: ecco ci siamo. Basta ripensare al bronzo londinese del 1948 (e alle precedenti medaglie). Il tempo va aggiornato.

Gli americani ci hanno fatto un favore, sarebbe signorile lasciarli rosicare per il resto dei loro giorni. I giornali Usa si domandavano perché mai, come mai, lo sconosciuto italiano avesse vinto la medaglia d'oro. Farebbero meglio a scoprire perché la staffetta loro (campione del mondo pur con altri nomi) è rimasta fuori dalla finale olimpica. Jacobs ha furbamente snobbato. «Davvero sorprendente l'eliminazione. Davo agli Usa una medaglia al cento per cento». Carl Lewis invece ha affondato i connazionali: «Un imbarazzo totale ed è inaccettabile per un quartetto degli Usa essere andati peggio di uno di liceali che ho visto io». Sono arrivati sesti nella batteria degli azzurri, con tempo (3810) che suggerisce scarsa vena pur avendo in squadra Brommell, Kirley (argento dietro Jacobs), Baker e Gillespie: gente che viaggia sotto i 10 secondi.

No, gli Usa non volano proprio: forse non è un caso che abbiamo toppato tutte le gare dai 100 ai 400 metri, compresi 110 e 400 ostacoli maschili. Neppure un oro, semmai si sono specializzati nella raccolta di argenti. Solo le donne hanno tenuto botta. Meglio lasciare a casa Coleman e i falsi puristi. Ma non è più il tempo dei Bob Hayes. Da Tokyo a Tokyo: ad ognuno il suo siluro. Bob Hayes portò la staffetta all'oro.

A Jacobs, che sarà portabandiera nella cerimonia di chiusura, vien chiesto lo sprint per un altro podio, senza sottilizzare sul colore. Conta avere in squadra il campione olimpico. Parola di Tortu: «Ti fa sentire più sicuro». E come dargli torto.

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