"L'argento di Nadia nato in una serata al ristorante"

Viviani e Consonni accarezzano il primo posto, poi la caduta Il guaio a 20 giri dalla fine: «Volevo nascondermi, ho reagito»

"L'argento di Nadia nato in una serata al ristorante"
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Una sera di neppure tre mesi fa i signori Battocletti, mamma Jawhara e papà Giuliano, hanno guardato la figlia Nadia intestardita sugli ultimi due esami di ingegneria da dare, decisa a tutti i costi ad affrontare entrambi, non i due esami, bensì gli esami più le olimpiadi, e «l'abbiamo quasi pregata» confida mamma Jawhara, «l'abbiamo pregata di pensarci, che non era il caso, che le olimpiadi arrivano magari una volta nella vita e una sessione per concludere gli esami non la devi aspettare quattro anni, direi...». Questa è Nadia, questa è la 24enne trentina tesserata per l'Atletica Valli di Non e Sole, dal 2018 nelle Fiamme Azzurre che l'altra sera ha stregato lo Stade de France e choccato l'Africa monopolista del mezzofondo. Dieci centesimi l'hanno separata dalla vincitrice kenyota Chebet, dopo aver messo dietro di sé il resto dell'Africa. Nadia è alta 1 metro e 68, pesa 49 kg, non sono però misurabili grinta e determinazione in tutto ciò che fa.

Signora Jawhara, e come l'avete convinta a dedicarsi solo ai Giochi questa estate?

«L'abbiamo portata a cena, le abbiamo detto dobbiamo parlarti, forza su, rifletti e al ristorante l'abbiamo finalmente convinta a posticipare gli esami».

Nadia qui a Parigi ha ripetuto sempre che questa è una medaglia di famiglia, voi siete fondamentali.

«Io ho fatto atletica proprio come mezzofondista, suo papà Giuliano anche e l'allena, l'abbiamo lasciata crescere correndo nei boschi del nostro splendido Trentino, ma anticipandole che cosa sarebbe stata l'atletica se mai avesse voluto praticarla. Non ha dovuto provarla, in fondo la conosceva già. Diciamo che dietro questa medaglia c'è per il 50% una famiglia».

Madre e figlia a volte sono scintille.

«No, no, siamo come sorelle, molto legate, andiamo molto d'accordo».

Il consiglio di stare all'interno nel rush finale gliel'aveva dato lei.

«Sì, mi aveva chiesto. Nadia ha sempre il terrore di dove stare in quei momenti, invece è stata bravissima a reagire. La verità è che alla fine queste atlete, come allenamento, sono più o meno tutte sullo stesso piano, a fare la differenza, lo dico sempre, è la testa. Se hai testa, cambi il risultato».

Il 4° posto nei 5000 è servito a Nadia per preparare questo argento?

«Certamente le ha dato una sicurezza in più. Lo era già, ma ha tutto il futuro davanti, per cui cresce ogni volta, si applica, per lo studio e lo sport. Spesso alla sera non esce con gli amici, studia e si allena tutto il giorno».

Studia da casa o dal ritiro?

«No, no all'università di Trento, ha un appartamento. Poi nel week end torna sempre da noi in Val di Non».

Com'è una giornata tipo di Nadia?

«A inizio università, quando aveva obbligo di frequenza alle lezioni, si alzava alle 4, andava ad allenarsi, poi doccia e di corsa all'università. Dopo ancora allenamento e studio. Ora riesce a gestire meglio gli esami».

Prima volta sul podio di un'atleta nata in Europa dopo 24 anni. Ha messo dietro tante fuoriclasse africane.

«Io arrivo dall'Africa. E Nadia quindi lo è al 50 per cento. Le ho sempre detto di prendere coraggio quando affronta rivali del mio continente. Adesso è più sicura. Prima mi diceva però mamma, come faccio a batterle, sono africane... e io: ma anche tu lo sei in parte! Hai ragione mammma»

E quanto c'è di trentino in sua figlia?

«Tantissimo: il papà, innanzitutto.

E l'amore di Nadia per la Val di Non, la cultura del lavoro di queste terre, le strutture meravigliose che la regione mette a disposizione dei giovani per trovare la loro strada nello sport. E poi... e poi i boschi. Sa cosa mi ripete sempre Nadia in questi giorni? Mamma, non vedo l'ora di tornare nella mia Val di Non».

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