A 46 giorni dall'11simo infortunio e a 7 mesi dalla prima gara della prossima stagione, Sofia Goggia, nel primo giorno di primavera e nel giorno in cui avrebbe potuto battersi in superg alle finali di Saalbach (Dirette v alle 10), fa i conti alla rovescia e con i rovesci del destino. Dopo 2 vittorie e 4 podi, quando era in testa per quasi 100 punti nel ranking di discesa, quarta in quello di superG e risorta anche in gigante, in una curva di allenamento svanisce il sogno della quinta coppa. A Ponte di Legno, in un training blando e controllato, superSofi inforca una porta, si frantuma in più punti il pilone tibiale e finisce sotto i ferri Per la settima volta.
Come sta ora?
«Fino a settimana scorsa vedevo nero il mio futuro. Ho pubblicato subito delle parole che suonavano di circostanza: Tornerò più forte di prima: leggendole non ci credevo nemmeno io. So che il mio problema è nulla, immerso in questo mondo. Sull'elicottero che mi portava ancora in clinica, mi ripetevo: Non sono sotto le bombe di Gaza, però una gamba rotta per un atleta è un dramma».
Eppure di infortuni ha ormai grandie esperienza.
«Si, e a volte è peggio, perché sai che cosa ti aspetta».
Al dolore non ci si abitua, quindi?
«Questa frattura è complicata: l'osso è frantumato in più punti, in basso, vicino alla caviglia. Riuscire a ricostruirlo è stata una gara anche per i medici, Andrea Panzeri e Riccardo Accetta. Per infilare questa piastra a forma di L che mi tiene legati i frammenti che restano, hanno dovuto spostare tendini e nervi. Nei primi 20 giorni non riuscivo a stare né in piedi né seduta, avevo nausea dal dolore e anche se conosco il percorso, non avere indipendenza nemmeno per farmi un caffè e portarlo dalla cucina al tavolo, mi pesava».
Poi quando si accende la luce?
«Non si è ancora accesa, ma c'è un lume, quando passi dalla casa, alla palestra, alla piscina... ai libri.
Si è concentrata sull'università: ha trasformato il problema in opportunità?
«Ho fatto due esami e adesso ne ho in canna altri 4 o 5. Ora sto studiando statistica e storia delle dottrine politiche. Purtroppo avrei voluto anche distrarmi, riprendendo a suonare pianoforte, ma non sono ancora dello spirito giusto».
Quanto pesa aver sfiorato la quinta coppa di discesa?
«Se penso che ero in testa con ampio margine... ma è andata così: c'è modo e modo di farsi male. Se ti succede come stavolta, in allenamento, fa ancora più male emotivamente».
Lara Gut Behrami e Federica Brignone sono state le più forti quest'anno e sono le più longeve signore del circo Bianco: da speranza a chi ha passato i 30 come lei?
«In qualche modo sì, al netto di riuscire a restare sani. Guardando per esempio il volo di Marta Bassino nell'ultimo gigante mi è sembrato di rivivere la mia caduta. Anche lei ha inforcato, ma - o per costituzione o per dettagli di uno sci interno o esterno sollevato - ha rimediato per fortuna danni infinitamente minori. Ognuno scia e cade a modo suo!».
Questa è stata una stagione drammatica per gli infortuni: si è fatta un'idea di che cosa sia successo?
«Dobbiamo distinguere fra infortuni causati da errori tecnici o di interpretazione del tracciato da quella che è l'incidenza di condizioni non buone o pericolose di neve e pista».
Come vede la prossima stagione, con gigante o senza e quando potrebbe ricominciare?
«Abbiamo macro programmi scanditi dai tempi di guarigione dell'osso. Per un buon callo possono servire anche sei mesi. Se ne impiegherò meno, potrei rimettere gli sci a giugno, luglio. Ora non ci penso, mi auguro, però, che, fatto il callo, il recupero possa poi essere esponenziale, dato che sto cercando di mantenere il tono muscolare. Si, il gigante resta nel mio menù: ho visto quest'anno quanto mi sia servito».
Guardando Sinner in tv, le
verrebbe voglia di ricominciare dal tennis?«Eh, chissà se fossi bimba: nessuno più di un bambino sogna di emulare il campione del momento che vede in tv. È un passaggio fondamentale per avere un sogno e coltivarlo».
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